Mancavano pochi giorni al Natale e il tempo era
pessimo. Il vento soffiava gelido ululando l'imminente tempesta per le
vie del paese, simile a un branco di lupi alla luna.
Nell'aria c’era già odore di neve e i pochi
viandanti camminavano spediti, stringendosi nei cappotti e affondando i volti
nelle sciarpe di lana. Ognuno desiderava solo far ritorno in fretta nella
propria casa e mettersi al calduccio davanti al focolare. Il pensiero più
allettante era quello di accomodarsi sulla sedia a dondolo, con il proprio
bimbo accoccolato tra le braccia, per ninnarlo teneramente o leggere insieme un
bel libro di favole.
Era una scena che accadeva di frequente nelle case
dove risuonavano le voci giocose dei bimbi. Proprio là dove le decorazioni
natalizie splendevano di luci e di colore, e le dispense erano colme di leccornie,
pronte per essere consumate il giorno di Natale.
Ma in quel paese, purtroppo, vi erano anche delle
eccezioni. Casi particolari come per la dimora gestita dalle Piccole sorelle
della carità che accudivano una quindicina di orfanelli.
In quel casolare grande e decrepito non c’erano
luminarie dai colori sgargianti, anzi, la scarsa illuminazione era fornita da
umilissime candele. Non vi era nemmeno un ornamento
che mettesse allegria, né tanto meno un alberello da poter adornare per il
Natale.
Le suore non riuscivano a offrire molto ai quindici
piccoli ospiti, orfani o abbandonati dai loro genitori appena nati. Piccole
creature indesiderate, forse perché nate con qualche malformazione o malattia
genetica.
Tra i piccoli erano presenti due non vedenti, tre
sordomuti, tre bambini down e due immobilizzati su una sedia a rotelle.
Gli altri orfanelli, più fortunati, stavano bene e
aiutavano gli amichetti e li confortavano come fossero sorelline e fratellini, aiutandoli
a superare le naturali difficoltà che la vita poteva porre loro di fronte.
Tutto sommato, quei bambini, non avendo conosciuto le
gioie di una famiglia vera, si consideravano fortunati di vivere in quella casa
con le suorine che li amavano e li accudivano.
Alizaar, la fata dei bimbi, seguiva personalmente,
anche se dalla sua dimensione, quell’orfanotrofio, ed era angosciata da quella misera
situazione. Il compito della fatina era sempre stato quello di essere pronta a cogliere
i primi vagiti di tutti i neonati del mondo, in modo da poter lanciare
nel cielo le sue lucciole magiche. I fantastici insetti dovevano poi
trasformarsi in altrettanto stelline, una per ogni nuovo bimbo e brillare,
brillare per sempre nel firmamento esclusivamente per il nuovo nato.
Il giorno in cui erano nati i bambini poi finiti nell’
orfanotrofio, la fatina aveva lanciato invano le sue lucciole magiche nel
cielo, e le lucciole a loro volta, avevano volteggiato per ore nella speranza
di trasformarsi in stelline per quei bambini. Il destino dei piccoli orfani era
segnato dalla sciagura e da una vita di stenti. Nessuna stella avrebbe brillato
in cielo per loro e per questo Alizaar si disperava.
Per quanto le suore facessero del loro meglio andando
anche a elemosinare, bussando a tutte le porte del paese e sperando nel buon
cuore degli abitanti, riuscivano a malapena a sfamare i piccoli. Di
conseguenza, quasi ogni sera, dalla
povera casa ingrigita dal tempo e dal gelo, si alzavano le preghiere delle
piccole sorelle e le lacrime dei bimbi infreddoliti.
Quei pianti accorati giungevano alle orecchie di
Alizaar e nel vedere quegli angioletti che soffrivano la fame e il freddo, le
si stringeva il cuore.
Un giorno, stanca e amareggiata la fatina decise di riunire
il consiglio delle fate.
«Sono spiacente, Alizaar, ma devo ricordarti che la
salute di quei bambini, ormai grandi, non è più una cosa che ti riguardi. Sai
bene che il tuo compito è quello di raccogliere i vagiti dei neonati.» esordì
con autorità fata Ginevra, la presidentessa del consiglio.
«Questo lo so!» rispose un po’ intimidita la fatina,
ma cercò di farsi coraggio per il bene dei bimbi e continuò:
«Ciò nonostante, credo sia compito di tutte noi
occuparci della salute dei bambini più bisognosi e di quelli infelici.»
Fata Ginevra studiò l’espressione rammaricata della
fatina e decise di lasciarla parlare.
«Ebbene, esponici la tua proposta e dopo averne
discusso e valutata, la sottoporremo ai voti.»
«In realtà, non ho ancora alcuna idea. Pensavo che
avreste potuto aiutarmi voi con i vostri suggerimenti.» rispose Alizaar
imbarazzatissima.
«In questo modo ci metti in difficoltà. Un consiglio
non ha senso se non si presentano delle proposte da valutare.» sentenziò la
presidentessa con espressione seria.
La fatina si sentì sprofondare dalla vergogna mentre,
le fate presenti, iniziarono a confabulare tra loro. In pochi attimi nella sala
si levò un brusio concitato.
«Fate silenzio, vi prego, amiche mie! Parlate una alla
volta.» ordinò la presidentessa.
Ristabilito il silenzio, ognuna delle fate ebbe modo
di esporre le proprie idee.
Arrivò anche il turno di fata Farfallina, dalla
corporatura esile e dalla voce tanto sottile, che le ci volle un po’ per farsi
udire dalle compagne. Ma con l’aiuto di fata Ginevra, Farfallina riuscì infine a
spiegare le sue idee:
«Amiche mie, ognuna di noi è specializzata in qualche
settore particolare e ognuna di noi può fare qualcosa di diverso per questi
bambini. Per esempio fata Lucilla. In quella casa non hanno nemmeno la
possibilità di accendere una luce, ebbene, con la magia di Lucilla si potrebbe
illuminare l’edificio in questo momento completamente al buio.»
La fatina fece una pausa, anche per rendersi conto di
come veniva accolta la sua prima idea, quindi accortasi di avere l’attenzione
totale, proseguì:
«Fata Silvestre, potrebbe rifornire di legna secca il
camino di quella casa, per tenere i bambini al caldo e potrebbe inoltre
regalare un bell’abete in modo che anche i piccoli abbiano il loro albero di Natale.
Poi, fata Naturella potrebbe fare dono dei frutti del bosco, nonché delle arance,
mandarini, mele rosse e gialle, in modo che, oltre a nutrirsi, i piccoli
possano decorare il loro albero.»
Alizaar si guardò attorno, le fate ascoltavano
Farfallina con attenzione quindi, rivolse uno sguardo pieno di ammirazione alla
sua amica, che l’aveva già aiutata altre volte in passato e che in quel momento
aveva ripreso a parlare con più convinzione:
«Fata Gioconda potrebbe mettere tanti bei doni ai
piedi dell’albero e fata Natalina, invece, potrebbe aiutare a costruire un
bellissimo presepe. Inoltre, tutte insieme, potremo fare una magia collettiva e
riempire la loro dispensa di tante cose buone.»
«Bene!» disse fata Ginevra «Mi pare che siano tutti
incantesimi di facile realizzazione.»
«Fata Ginevra, mi permetti di parlare? Avrei anche io
un dono per quei bimbi!» esclamò una delle fate in fondo alla sala.
«Coraggio, parla pure fatina!» la incoraggiò la
presidentessa.
«Sono la fata Merino! Con la mia magia posso riempire
i loro guardaroba con cappotti e sciarpe caldissime, così come le coperte e
tutti gli indumenti di cui hanno bisogno i bambini in questa stagione.»
«È davvero un dono importante, fatina. E ora, credo
proprio che abbiamo pensato a tutto. Che ne dite?»
«Aspetta fata Ginevra! Mi è venuta una bellissima
idea.» intervenne Alizaar che, per l’eccitazione, era scattata in piedi.
La presidentessa l’ammonì con tono pacato: «Calmati,
ti prego! Non occorre che urli e che ti agiti in questo modo.»
«Chiedo scusa a tutte ma ho pensato che tutte insieme
potremmo parlare con Babbo Natale.»
La proposta di Alizaar provocò un altisonante brusio,
tanto che Ginevra si trovò costretta a picchiare forte il martelletto sul suo
tavolo, per ristabilire l’ordine.
«Spiegaci cosa hai mente.»
«Vorrei domandare a Babbo Natale di portare con sé
sulla slitta i bambini la notte di Natale. Per loro sarebbe un grande
divertimento e nello stesso tempo potrebbero rendersi utili nel consegnare i
doni a tutti gli altri bimbi. Che ne dite?»
«Potrebbe essere una buona idea!» era la voce severa
di fata Arcana, che come al solito aveva trovato un
pretesto per contestare. «Se non fosse che tra di loro ci sono anche
bambini non vedenti, quelli che non sentono e quelli che non si possono
muovere. Hai pensato a come fare con loro Alizaar?»
«Certo, è un problema, ma credo si possa risolvere se
unissimo le nostre energie positive e convogliassimo su quei bambini tutti i
nostri pensieri. Desiderando per loro la salute e il benessere sono sicura che
la notte di Natale, su quella slitta speciale, risuoneranno solo grida di
gioia. E Babbo Natale, nel vedere i bambini felici, sarà ancora più contento.»
Alizaar aveva fatto tutto il discorso senza quasi
prendere fiato e, quando infine concluse, i suoi occhi brillavano tanto
dall'entusiasmo che le altre fate sorrisero nel guardarla.
Si alzò nuovamente un brusio e questa volta fata
Ginevra lasciò fare. Ma il suo sguardo preoccupato si posò sulla fatina
ancora infervorata dal discorso appena fatto. Eppure, lei che era la più
anziana delle fate, non se la sentiva di mortificarla con un rifiuto
netto.
«Silenzio amiche mie, vi prego! Ebbene, noto con
piacere che l’idea di Alizaar di parlare con Babbo Natale, piace alla maggior
parte di noi. Quindi v’ invito a votare. Alzino le mani tutte le fate che sono
favorevoli alla proposta.»
Le mani di tutte le fate si alzarono all’unisono e,
addirittura, quelle le più entusiaste le alzarono entrambe.
Quella sera stessa, nella povera casa si accesero
tutte le luci e fata Lucilla si superò, creando un incantesimo spettacolare.
Oltre le luci dei lampadari accese molte luminarie, adornando anche le
porte e le finestre della casa. I bambini furono molto felici per le illuminazioni
intermittenti e colorate, ma lo furono ancor di più quando fata Silvestre mandò
un grande abete pronto per essere addobbato.
I piccoli orfani si divertirono un mondo a
decorarlo con mandarini, arance, bacche e mele di tutti i colori. La fata mandò
anche bellissime ninfee da appendere all’albero. Insomma, quando fu finito, i
bambini possedevano il più bell’albero di Natale mai visto in paese.
Il colmo della felicità fu preparare tutti insieme il
presepe con le statuine intagliate nel legno da fata Natalina, e le casette di
sughero, la fontana, la cascata con l’acqua, il muschio e la paglia vera nella
capanna. Uno spettacolo di presepe.
Difficile capire quale fu il momento più bello in
assoluto per i bambini durante tutti i preparativi, poiché fu anche una gioia
immensa per loro quando fata Donata fece recapitare un sacco pieno di pacchetti
coloratissimi da mettere ai piedi dell’albero a formare una piccola montagna
sfavillante di colori. Oppure, quando le suorine andarono ad aprire le porte
della dispensa e la trovarono piena zeppa di cose buone da mangiare. O ancora,
quando tutti quanti si trovarono davanti al grande camino scoppiettante di
legna, ben coperti dagli abiti di lana mandati dalla fata Merino e con un bel
libro di fiabe, tra i tanti inviati da fata Gigagiò.
Quello per i bambini dell’orfanotrofio fu davvero un
Natale indimenticabile. Ma a coronazione di quella bellissima festa, venne la
sera della vigilia e i bambini sentendo suonare alla porta accorsero a
curiosare.
Quando si accorsero che nel giardino c’era la slitta,
le renne e Babbo Natale in persona rimasero basiti. Sul momento pensarono a uno
scherzo, ma Babbo Natale stava sorridendo e agitava in modo deciso il suo
campanellino, che spandeva nell’ aria un suono argentino.
«Oh oh oh! Venite bambini, venite
con me!» disse l’anziano vestito di rosso afferrando i piccoli a uno a uno e
sistemandoli sulla slitta.
Poi salì lui stesso e iniziò a chiamare a una a una le
sue renne:
«Cometa, Ballerina, Fulmine, Donnola, Freccia,
Saltarello, Donato, Cupido. Abbiamo ospiti di riguardo a bordo. Mi raccomando!
Che il vostro galoppo sia dolce e armonioso come non mai, amiche mie! Andiamo,
ayooo! Ayoooo!»
«Ayoooo!» gridarono a squarciagola i bambini che potevano
farlo.
Le renne s’impennarono dolcemente e con grazia
balzarono in cielo.
Dopo i primi attimi di comprensibile timore, i bambini
si entusiasmarono nel volo. La slitta si librava delicatamente portando il suo
prezioso carico e le renne ogni tanto si giravano a guardare i loro piccoli
cavalieri, per assicurarsi che stessero bene.
Dopo pochi minuti, il prodigioso convoglio era già
arrivato nel firmamento. I bambini tacevano strabiliati. Da lontano la terra
sembrava una palla appesa nel vuoto circondata dalla luna, ma soprattutto da
una miriade di stelle che baluginavano, ammiccando ai bambini.
E fu allora che accadde una cosa del tutto incredibile
e inaspettata. Babbo Natale stesso con
le sue renne, s’immobilizzò, come interdetto dall’ evento. Un gruppetto di
quindici stelline si staccò dallo spazio immenso e si diresse verso la slitta.
Intimiditi da quel fenomeno strano, i bambini si
abbracciarono, stringendosi tra loro.
Temendo il peggio Babbo Natale provò a spronare le
renne, ma le stelline non esitarono e ognuna si posizionò su di una testolina.
In quel momento tutta la slitta venne coperta da
polvere di stelle e venne poi avvolta in un globo di luce scomparendo alla
vista.
Quando poi la luce si dissolse, i piccoli si
guardarono stupiti tra loro: i bimbi non vedenti guardavano con occhi sgranati
tutto ciò che prima non gli era concesso vedere, quelli immobilizzati fino a
poco prima, saltavano gioiosamente sulle loro gambette, mentre quelli
sordomuti parlavano e ridevano con gli altri e i bambini down avevano
perso tutte le caratteristiche della sindrome.
Quella notte di Natale, sulla slitta più famosa al
mondo si era verificato uno degli eventi più straordinari mai accaduti prima
nel mondo magico di Gigagiò, e anche nel mondo.
E tutto ciò era stato possibile per l’amore che una
piccola fata di nome Alizaar portava racchiuso nel suo cuore per tutti i
bambini del mondo.
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