“Ah, che schifo! Un verme!” gridò qualcuno,
vedendo un verme attraversare la strada.
Tutti i giorni la stessa storia. Leopoldo
correva il rischio di venire schiacciato da giganteschi piedi lungo i viottoli
del parco, doveva sfuggire ai becchi rapaci degli uccelli e strisciare il più
velocemente possibile per evitare ruote di macchine e di biciclette, che
mettevano a repentaglio la sua già precaria integrità fisica ... e qualcuno
gridava “Ah, che schifo!”
Ogni giorno la stessa storia da mane a
sera, e come se non bastasse, era evitato da tutti perché nessuno voleva fare amicizia
con un verme.
Così, per l'ennesima volta, Leopoldo si
sentì umiliato e solo. Strisciò a testa bassa sotto una foglia secca e cercò di
sparire alla vista dei passanti. Non ne poteva proprio più di quella vita. “Meglio
morire piuttosto che dare fastidio a tutti!” pensò il bruco.
Una folata di vento, più gelida del
solito, lo avverti che l’inverno era alle soglie, ma Leopoldo non ci fece caso,
prese ad arrampicarsi lungo il tronco di un albero e strisciò sul primo ramo.
Finalmente al sicuro il piccolo bruco si accorse di essere veramente esausto. Sbavò
una sottile e morbida coperta di filo bianco nella quale si avvolse e, vinto
dalla stanchezza, si addormentò.
Sognò allora di quella volta che un
gruppo di ragazzacci volevo usarlo come esca e in suo aiuto era accorsa una
ragazzina dalle trecce rosse. Lo aveva nascosto nel palmo della mano accarezzandolo
a lungo e lo avevo confortato con dolci parole. Cosa gli aveva sussurrato? Leopoldo
non se lo ricordava più ma, pensando al momento più bello della sua vita, sorrise
e si lasciò vincere da un sonno profondo.
Giunse l'inverno. La neve nascose dentro
a un piccolo igloo il bruco, che dormì fino alla primavera.
Un mattino Leopoldo si accorse che era
ora di alzarsi, perché un intenso tepore riscaldava le sue membra. Allora aprì
gli occhi e “Buon giorno mondo!” pensò, poi guardò su e vide il cielo terso e
luminoso ... solcato da famelici volatili, guardò giù e vide la verde e soffice
terra… che lo aspettava con le sue mille insidie.
“Ahimè, dunque non sono morto” pensò a
questo punto il bruco e, rassegnato, si apprestò a riprendere la solita vita da
verme.
In quell’istante vide avvicinarsi un
mano gigantesca, allora Leopoldo, decise di vendere cara la pelle e si buttò giù
dal ramo ... ma quale fu la sua sorpresa quando, invece di cadere rovinosamente
a terra, si sentì sollevare in alto! E come strabuzzò gli occhi il piccolo bruco
alla vista di due splendide, enormi e colorate ali, che gli erano spuntate sulla
schiena!
Leopoldo si librò incredulo e felice
nell’aria primaverile, tra l'ammirazione generale e allora ricordò quello che,
un lontano giorno, la ragazzina dalle trecce rosse gli aveva sussurrato: “Non
avere paura, piccolo bruco. Vedrai un giorno nessuno ti maltratterà più. Come
per miracolo ti sveglierai in un mattino di sole e sarai una meravigliosa
farfalla ... ti libererai nell'aria tiepida e, finalmente libero, conquisterai
il cielo.”
Tratta dal sito web l'Avocetta, per gentile concessione dell'autrice Lidia Menorello
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