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venerdì 30 ottobre 2020

Il sorriso di un nonno




Se il nonno non sente quel che tu dici,

non arrabbiarti ma alza la voce

e se ancora non sente, all'occorrenza

tu devi insistere ma con molta pazienza.

 

Il nonno è anziano e non ha colpa

se sembra orbo come una talpa,

e quando in poltrona prende un giornale

tu gentilmente cerca i suoi occhiali. 

Quando cammina si appoggia al bastone,

con passo incerto, tu presta attenzione,

se gli vuoi bene dagli la mano,

andrete piano ma insieme lontano.

 

Se quando mangia sbava un po' troppo,

è privo di denti ed è questo l’intoppo,

sii sempre gentile e non prenderlo in giro

il sorriso di un nonno vale sempre un tesoro.


                                                        
                





Filastrocca pubblicata sul sito Scrivere

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mercoledì 28 ottobre 2020

Se leggi un bel libro





 


Quando il tempo ti opprime e t’annoia

e non trovi né svago e né scappatoia,

quando lunghe si susseguono le ore

s’incupisce il pensiero e l’umore.

 


Non badare a quell’aria sinistra,

il maltempo lascia fuori dalla finestra

prendi un bel libro da quello scaffale

perché leggere non potrà farti mai male.

 

Parole su parole trovi in quelle pagine,

leggile e la tua mente si aprirà a voragine,

quando si tiene  un libro tra le mani

fulgenti scorrono le ore fino al domani.


 



Filastrocca pubblicata sul sito Scrivere

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venerdì 23 ottobre 2020

Al calduccio in Famiglia


 


E così con quel freddo al mattino

va sbuffando su quel tetto un camino;

sale il fumo lieve lieve nel cielo

sparpagliando nell'aria il suo velo.



 

Così espande in aperta campagna

l'odore intenso di bruciato e di legna

e bisbiglia di casa e calore,

di focolare con intorno l'amore.

 

Venga pure il gelo e salga la nebbia,

non ci farà paura e nemmeno rabbia

e scenda sin la neve se ne avesse voglia,

rimarremo al calduccio con la famiglia.

                 




Filastrocca pubblicata sul sito Scrivere

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sabato 17 ottobre 2020

Arriva il dottore

 


 



Ti cola il nasino e hai mal di gola,

mamma ti cura e poi ti consola,

ma se sale la febbre e senti dolore,

non basta mamma e occorre il dottore.

 

Abbastanza tranquillo stai disteso nel letto

e lo stetoscopio lui ti appoggia sul petto

e poi sulla schiena e gelato com’è,

ti suggerisce di scandir trentatré.

 

Ti duole il pancino e non vuoi che lo tocchi,

 ti scruta la lingua e poi anche gli occhi

e se infine consiglia di far 'na puntura,

tu inizi a tremare dalla paura!

 

Non piangere, dai, l’ago è indolore

e la medicina per guarire ci vuole,

tu chiudi gli occhi, dai retta a me

e tutto è finito al un, due e tre!


                                            



Filastrocca pubblicata sul sito Scrivere

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venerdì 9 ottobre 2020

Il trenino dei desideri

 



Prendi il trenino dei desideri

e percorri curioso molti vasti sentieri,

la fantasia ti prenderà per mano

per correre veloce e giungere lontano.

 

Il treno sferraglia su quel binario

e fuori il paesaggio s’alterna vario,

ammira le valli, il mare e i monti,

tue son le albe e pure i tramonti.

 


Corri felice sui prati del mondo,

il tuo cuore è girovago a tutto tondo,

ma se chiudi gli occhi sognando con me

scopri sin l’isola che per molti non c’è!


 


                                                            

                                                                            





Filastrocca pubblicata sul sito scrivere

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martedì 6 ottobre 2020

La fata dei bimbi

                                                                  



Nel mondo dei sogni magici, si racconta di una piccola fata portatrice della lanterna delle lucciole ammiccanti.
La fatina si chiamava Alizaar e da quando era stata in grado di ragionare e di camminare per il mondo fatato da sola aveva ricevuto l'incarico di lanciare le lucciole, che erano volontarie, nel cielo.
I piccoli e magici insetti si erano offerti sin dalla nascita a illuminare i sentieri bui della notte alla fatina. Perché Alizaar era una fatina speciale e riusciva a rimanere sveglia, senza soffrirne, per quasi tutte le ventiquattro ore di un giorno.
Il suo compito, che era quello di stare sempre attenta alle nuove nascite di bimbi, era essenziale e lei lo aveva preso molto sul serio dedicandovisi con tutto il suo cuore.
Alizaar stava sempre attenta a non perdere il pianto che ogni neonato emette alla sua nascita perché, al primissimo vagito, doveva essere lesta a prelevare una lucciola magica dalla lanterna e lanciarla nel cielo, affinché l’insetto si potesse trasformare in una piccola stella.
Era un evento che accadeva dalla notte dei tempi. Ogni qualvolta nasceva e nasce ancor oggi un bambino, una piccola stella si s’illumina   nel cielo e cresce, cresce fintanto che il bimbo non diventa un adulto.
La stella accesa per quel neonato sarà per sempre dedicata a lui e lo illuminerà e lo guiderà soprattutto quando si troverà ad affrontare le situazioni più difficili.
 Occorre sottolineare però che le stelline si accendono solo per i bambini che hanno mamma e papà vicino. Per gli orfanelli e per i bimbi abbandonati, purtroppo le lucciole rimangono tristi e rinchiuse nella lanterna, ma la speranza che possano diventare stelle non va' perduta. Anzi! Qualora questi bimbi riuscissero a trovare qualcuno che si occupi di loro con lo stesso amore di una mamma e di un papà, la luce risplenderebbe ancora più grande e più vivida del normale. Perché è l'amore dei genitori che le fa diventare stelle luminose nel cielo.
In questa storia si narra di quella notte che il mondo, a causa della gelosia di una strega malvagia, ha rischiato di rimanere nell’oscurità totale.
                                                                      





                                                                  
Quella sera Alizaar camminava nel bosco delle fate, come sempre con le orecchie ben tese. Ebbene, era tanto intenta ad ascoltare il silenzio del bosco, da non accorgersi di un'ombra scura che la stava seguendo da tempo.
Era la fata nera, il cui nome era Malvena, che abitava nell'antro più scuro del regno magico e che usciva solo di notte, perché ormai la sua pelle era abituata alle tenebre più fitte. La fata oscura non avrebbe sopportato la luce del giorno, e se fosse stata raggiunta da uno solo dei raggi solari, la sua pelle pian piano si sarebbe raggrinzita fino a farla sembrare una mummia, a distruggersi e a farla svanire nel nulla, per sempre.
A Malvena la lanterna di Alizaar faceva molto gola perché poteva illuminare anche le notti che lei passava a caccia di rospi e animaletti vari, ritenuti indispensabili per la preparazione dei suoi intrugli e pozioni velenose. Inoltre, era convinta che se il mondo avesse perso un po' della sua luce naturale, per lei sarebbe stato un bene.
Malvena era tanto perfida che sarebbe stata disposta ad uccidere pur di ottenere ciò che tanto desiderava.
Quella notte iniziò a seguire la fatina tenendosi nascosta tra le ombre degli alberi e, quando finalmente giunsero nei pressi di un ruscello, capì subito che quella era l'occasione giusta.
Era la notte del cambio e del rinnovamento delle lucciole nella lanterna.
 I piccoli insetti non erano instancabili e nemmeno eterni e ogni tanto occorreva sostituirli. Le vecchie lucciole lasciavano il posto alle nuove volontarie.
E fu proprio nel momento delicato della sostituzione che scattò la trappola della fata nera.  Negli attimi che ci vollero per effettuare il cambio, Malvena lanciò il suo incantesimo facendo apparire all'improvviso, tra i piedi di Alizaar, una grossa radice d'albero contorta e sporgente.
La giovane fata non se ne avvide in tempo, inciampò e cadde rovinosamente a terra ruzzolando infine nel torrente.  Il peso dei vestiti che indossava la trascinarono sottacqua quindi, il suo esile corpo venne catturato dalla forte corrente.
Alizaar, forse, non se ne rese nemmeno conto, ma un attimo prima di cadere nel torrente mollò la presa della lanterna lasciandola cadere per terra.

                                                            

Non era mai accaduto nella storia delle lucciole che una fata portatrice abbandonasse, anche solo per un attimo, la sua lanterna. Eppure, Alizaar così facendo, salvò le sue piccole amiche a cui era tanto affezionata. Quando si accorse di non averle più con sé e del pericolo mortale che avevano corso per la sua sbadataggine, si ripromise, appena le fosse stato possibile, di ritrovarle e non lasciarle mai più.
I suoi propositi erano buoni, ma la fatina non aveva tenuto conto della corrente, che in un attimo la portò lontano dalla riva.
Quando, dopo ore riuscì con fatica a ritornare sul posto, bagnata e confusa, nonché mortificata per l'accaduto, la lanterna con le lucciole era sparita.
Alizaar, del tutto ignara che la colpevole del furto fosse la fata nera, iniziò disperatamente la ricerca. Senza lucciole non avrebbe più potuto accendere stelle nel cielo, ed erano già molti i bambini nati dal momento dell’incidente che non avevano ancora la loro luce.
Il pianto che le salì dal cuore e i suoi lamenti accorati spinsero le molte creature magiche, abitanti del bosco, ad accorrere in suo aiuto. Fu una libellula della specie argentata a raccontarle come, in realtà, fosse stata Malvena a procurarle l’incidente e a rapire le sue piccole amiche.
Alizaar rimase interdetta. Mai si sarebbe aspettata un’azione così malvagia da parte della fata nera.
Per un attimo fu presa dallo sconforto ma poi reagì.
Le rimaneva solo una cosa da fare, prima che il disastro s'impadronisse del mondo.
«Saresti disposta a portarmi fino all'antro della fata nera?» domandò alla libellula che, come dimensioni era molto più grande rispetto a lei e, di conseguenza, in grado di trasportarla sul dorso.   
«Ma certo, fatina! Ti porto volentieri. Salta su!» rispose la libellula piegando le sue zampe per agevolarle la salita.
In pochi minuti di volo, seguite da tanti altri abitanti del bosco e da uno sciame di lucciole ammiccanti, arrivarono all'imboccatura di un grande buco nero.
Appena si avvicinarono furono assaliti da un tanfo terribile che li fece trasalire e arretrare. Tuttavia, Alizaar non si lasciò impressionare dal cattivo odore, anche perché sentiva il peso della responsabilità di quanto accaduto e riteneva che, ormai, era una questione di vita o di morte. Se non fosse entrata nell'antro, la terra sarebbe stata con gli anni, destinata a diventare un pianeta desolato senza la luce delle stelle.
Attingendo a tutto il suo coraggio entrò, seguita dallo sciame di lucciole che l'accompagnarono fino a quando arrivarono nella caverna centrale.
L’oscurità era quasi totale e solo in un angolo spiccava l'alone della lanterna con le lucciole prigioniere, che Malvena aveva provveduto a coprire con un telo scuro.
Furiosi con la strega, i piccoli insetti, avendo percepito il suo punto debole avevano preso a luccicare con un’intermittenza senza fine, recandole un fastidio enorme in quell'ambiente chiuso, sia alla pelle, che agli occhi abituati all'oscurità.
Alizaar se la ritrovò davanti quasi senza accorgersene perché la sua attenzione era stata rapita dalla visione della lanterna. Mancò un soffio che Malvena, impugnata la sua bacchetta magica, riuscisse a pronunciare l'incantesimo fatale.

                                                                           
Lo sciame di lucciole che l’avevano seguita, si buttò all’unisono sulla strega, che fu avvolta così in mille lampi accecanti che colpirono i suoi occhi e la sua pelle come tanti aghi dolorosissimi. Malvena lanciò un urlo orripilante e cercò di coprirsi il viso e il corpo come meglio poteva.
Alizaar non si fece sfuggire quel momento propizio e pronunciò lei stessa l'incantesimo che immobilizzò la strega come una statua di sale.
Non volle infierire sulla creatura del male. Pensò che in fin dei conti Malvena era stata punita abbastanza e che per un bel po' di tempo sarebbe rimasta rinchiusa nel suo antro a curarsi le ferite, sempre che fosse sopravvissuta.
Alizaar era una creatura benefica, nata per fare del bene e portatrice del bene. La sua natura stessa le impediva di fare del male al prossimo.
Lasciò Malvena prigioniera del suo incantesimo e ripresa la lanterna con le lucciole magiche uscì da quel luogo oscuro.
Appena all’esterno aprì la lanterna e liberò tante lucciole, quanti i nuovi vagiti che aveva percepito. Per sicurezza, ne liberò qualcuna in più e le lanciò nel cielo, tramutandole in stelle.
Fatto questo se ne ritornò nel suo bosco fatato, ed è ancora là, con la sua lanterna, le magiche lucciole, sempre in ascolto, sempre in attesa di vagiti neonati.

                                                                                                    
                                        



Favola pubblicata sul sito Scrivere                                
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venerdì 2 ottobre 2020

La filastrocca del vino

                                                         




È tempo di mosto è tempo di vino

e fa la vendemmia il signor contadino

e quando c'è il sole e l'uva è matura

coglie ciò che ha donato Madre Natura.



                                                                   

E son grappoli d'oro con profumo di sole,

dagli alberi cascano castagne e nocciole,

gli acini schiaccia ben bene nel tino

e poi pressa nel torchio il dolce bottino.




Bolle e ribolle per qualche giorno,

dolce è l’aroma che si espande intorno

e quando giunge l'estate di S. Martino

per il contadino ogni botte e già vino.





  

   Filastrocca pubblicata sul sito Sfogliandopoesia   

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La leggenda di re Carnevale

  C’era una volta un regno governato da un sovrano chiamato Carnevale dall’indole scherzosa, altruista e molto generosa. Difatti, ogni sud...