Pagine di favole e filastrocche e storie per l'infanzia di Vivì Coppola per la maggior parte già pubblicate in cartaceo o su alcuni siti web. Alcune immagini sono tratte legalmente dal sito 123rf e altre liberamente dal web. Le opere pubblicate su questo blog sono protette dalla legge 633 del 22 Aprile 1941.Ne è vietata qualsiasi riproduzione totale o parziale senza l'autorizzazione dell'autore.
venerdì 31 dicembre 2021
sabato 25 dicembre 2021
lunedì 13 dicembre 2021
Riccioli d'oro
Nell’area del Paradiso riservata ai più piccoli
e sotto lo sguardo attento di Cherubini e Arcangeli, gli angeli minori si
divertivano a rincorrersi, a saltare e a tuffarsi nella candida distesa di
soffici nuvole, che dava proprio l’idea di panna montata.
Ma non era così per Dany, un bambino finito in Paradiso
quando sulla terra aveva appena cinque anni, in seguito a un brutto incidente.
Il piccolo, a causa dei suoi capelli ramati e
inanellati in morbidi boccoli, al suo arrivo era stato subito soprannominato “Riccioli
d'oro” dagli altri angeli grandi e piccini.
L'angioletto, al contrario dei compagni sempre gai
e socievoli, dimostrò sin dall’inizio un carattere chiuso e malinconico.
Riccioli d'oro se ne stava sempre in disparte
sembrando assorto nel guardare i giochi e le rincorse dei compagni tra le
nuvole e le stelle di quello spazio immenso. In realtà l'angioletto era molto
triste e per nulla interessato ai giochi e alle risate dei coetanei e inutilmente
gli altri lo sollecitavano a partecipare alle gare e alle corse sfrenate tra le
nuvole. A ogni richiesta Riccioli d'oro alzava le spalle indifferente e
rifiutava.
Gli altri angioletti si stancarono ben presto di quel suo modo scontroso e rinunciarono a convincerlo, lasciandolo stare.
Gli angeli più grandi osservavano con
preoccupazione il piccolo solitario e per un po’ si limitarono a tenerlo
d'occhio, nella speranza che si ambientasse e cambiasse atteggiamento.
Ma il tempo passava in Paradiso e il piccolo angelo
deperiva sempre di più preso dalla sua malinconia. Fu allora che, temendo il
peggio, i più grandi decisero di andare a chiedere consiglio al Signore di quell’eterea
dimensione.
Il buon Pastore ascoltò con attenzione decidendo
di interrogare lui stesso l'angioletto e, nonostante gli innumerevoli impegni, si
recò nell'area dedicata ai più piccoli.
«Allora, piccino, vuoi raccontarmi perché sei
così triste?»
In quel momento l'angioletto sgranò lo sguardo sull’anziano
dai lunghi capelli e la barba candida e la lunga veste fluttuante, che lo
osservava con una strana espressione stampata sul volto.
Il piccolo si sentì sopraffare dall’emozione e dal timore e i suoi occhi si riempirono di lacrime: «Chi sei tu?» ebbe il coraggio di domandare con tono incerto.
«Davvero non sai chi sono?» domandò l’anziano
che sembrava sorpreso dalla domanda. Riccioli d’oro scrollò la testa e l’anziano
signore gli spiegò: «Io sono il sovrano di questa dimensione e dell’universo
intero ma tu, se vuoi, mi puoi considerare un nonno, anzi, mi puoi chiamare nonno
se lo desideri.»
L’angioletto si prese qualche istante per
studiare quell’austero personaggio dalla voce potente e nello stesso tempo
dolce, quindi annuì.
«Ora posso sapere il motivo di tanta
tristezza?» gli domandò quel nonno.
«Sento
sempre il pianto della mamma e questo mi addolora molto!» cercò di spiegare il
piccolo tra i singhiozzi.
Il buon Pastore guardò con compassione il pargoletto:
«Sai, è naturale che una mamma rimasta sulla terra pianga la scomparsa del suo
figlioletto. Ma se sei d'accordo avrei in mente un'idea per rasserenare un po’
entrambi.»
Riccioli d'oro tirò su col naso e smise di piangere, prestando molta attenzione al candido anziano.
«Ti piacerebbe tornare qualche volta a
consolare la tua mamma?»
Ancora una volta gli occhi del bimbo si sgranarono
colmi di sorpresa e incredulità: «Si può davvero?»
L’anziano sorrise: «Certo che si può! Non
fisicamente perché non sarebbe possibile, ormai sei un angelo, ma nei sogni sì!
Puoi entrare nel sogno della tua mamma e rimanere con lei finché non si
rasserena. Che ne dici?»
Il piccolo angelo si commosse all'idea e con lo
sguardo di nuovo velato di pianto sussurrò: «Mi piacerebbe tanto, nonno!»
«Ebbene, così sarà!» esclamò l'anziano con voce
stentorea, ma ponendo una lieve carezza sulla testolina ricciuta.
Quella notte stessa Riccioli d'oro fece
capolino nel sogno della madre.
Il sonno della povera donna era agitato e la
dormiente si girava e rigirava nel letto lamentandosi come un animaletto
ferito.
«Mamma ...» mormorò l'angioletto per non
spaventarla «Mammina mi senti?»
Appena avvertì la vocina del suo bimbo la donna
tentò di svegliarsi ma lui la trattenne: «No mamma! Rimani addormentata, perché
solo così posso parlare con te.»
Nel sonno la donna annuì e sorridendo rispose: «Sì,
piccolo mio! Ti ho ritrovato finalmente!»
Mamma e bambino rimasero insieme tutta la notte
e la donna strinse sul cuore il suo piccolo tesoro.
«Pensavo di averti perso per sempre!» confessò
al bambino.
«No, mammina, ti sbagli! Tu non mi perderai mai!
Ogni volta che vorrai io volerò nel tuo sogno e ti consolerò!»
La donna strinse ancor di più il suo angioletto:
«Quanto mi sei mancato, bambino mio!»
«Lo so, mamma. Ti sentivo piangere e come te ero
triste anche io. Non voglio che continui a piangere per me!»
«Non posso farne a meno» rispose la mamma «Senza
di te non è più vita!»
«Tornerò! Te lo prometto mamma, tornerò ogni
volta che avrai bisogno di me!»
Confortata dalla presenza del suo piccolo
angelo, quella notte la donna dormì finalmente serena, ma l’alba spuntò presto
e il risveglio era ormai vicino. La madre iniziò a sentire sulla pelle il distacco
dal proprio figlioletto:
«Non lasciarmi! Non andare via!» Furono le
ultime parole che Riccioli d'oro sentì dire dalla madre, quindi, con il cuore
colmo di malinconia dovette tornare in Paradiso.
«Allora, mi racconti com’è andata?» gli domandò
il sovrano seduto sul trono di nuvole.
Il volto dell’angioletto era ancora cupo e il
buon Pastore se ne rammaricò: «Perché quella faccia scura? Non è stata contenta
la mamma di rivederti?»
«Molto contenta…felice!» rispose il piccolo
singhiozzando.
«E allora, perché sei ancora così triste?»
«Perché l’ho lasciata disperata, anche se le ho
promesso che sarei tornato.»
«Vedrai che col tempo si rassegnerà e smetterà
di piangere.» lo rincuorò il Signore.
«No, ti sbagli nonno! La mamma rimarrà triste
per sempre, se non facciamo qualcosa.»
L’espressione dell’anziano si fece
interrogativa, anche se in cuor suo aveva già intuito cosa intendesse il
piccolo angelo.
«Dimmi, cosa potremmo fare io e te per
aiutarla?»
Riccioli d’oro ci pensò un istante e poi rispose:
«Un altro bimbo! La mia mamma ha bisogno del sorriso di un bimbo per
rasserenarsi.»
«Ma la tua mamma non può avere altri bimbi, tu
lo sai! Per avere te ha dovuto fare molte cure e non è stato facile per lei.»
Riccioli d’oro si rattristò e tacque,
riflettendo per un po’ poi il suo volto s’illuminò: «Ma tu sei il Signore dell’universo
e puoi fare un prodigio inviando in dono alla mia mamma un neonato.»
L’anziano si accigliò e prese a carezzare la
sua barba candida con fare pensieroso, poi annuì: «Certo io potrei, ma tu cosa
saresti disposto a fare in cambio?»
L’angioletto diventò tutto rosso per l’imbarazzo:
«Io…io sono piccolo, non sono capace di fare grandi cose.» rispose incerto.
«Uhm…temo che allora…»
«Aspetta» lo interruppe il bimbo «io sono
disposto anche a morire di nuovo e di andare anche…»
«Di andare dove?»
«Di andare nel fuoco. Là dove bruciano in
eterno quelli cattivi cattivi.» terminò in un fiato.
Gli occhi del buon Pastore si sgranarono per la
meraviglia: «Davvero faresti questo per la felicità della tua mamma?»
«Sì, lo farei!» esclamò il piccolo deciso.
L’anziano sorrise e gli pose una carezza sulla
testa ricciuta: «La tua mamma è stata fortunata ad avere un angioletto come te
e sai, non occorrerà che ti getti nelle fiamme. Hai espresso un desiderio e
così sia!»
Dopo alcuni mesi, l’angioletto assisteva alla
nascita del nuovo fratellino e si beava vedendo il sorriso della sua mamma che
stringeva al petto il neonato. Il sole penetrava attraverso i vetri della
finestra e illuminava la tenera scenetta e la testolina del bambino. I riccioli
dorati emanarono bagliori come fossero oro puro.
«Ha gli stessi miei capelli!» mormorò Riccioli
d’oro estasiato e, come se avesse percepito la presenza del fratellino, in quel
momento il piccolo volse lo sguardo su di lui e gli sorrise. La mamma seguì lo
sguardo del neonato e intuì che il suo angioletto era ai piedi del letto.
«Io ti amerò per sempre!» promise al suo
perduto bimbo.
«E io vi sarò sempre accanto e vi proteggerò entrambi!»
promise l’angioletto inviando un bacio a mamma e bambino e, da quel momento,
diventando il loro Angelo Custode.
Favola di Vivì pubblicata sul sito Scrivere
Immagini GifAnimate.com
mercoledì 8 dicembre 2021
La leggenda del vischio
Questa leggenda narra di un
anziano mercante che a causa del suo carattere egoista e scontroso si ritrovò isolato da parenti e amici e a vivere come un eremita sui monti.
L'uomo, che per tutta la sua vita
lavorativa aveva lucrato sulle merci vendute, si ritrovò solo e abbandonato a
se stesso, considerato che non aveva nemmeno voluto sposarsi.
Accadde che una notte, in
preda all'insonnia che lo assediava da tempo, decise di uscire all’aperto per
una passeggiata. Nel tragitto incontrò alcuni viandanti che lo invitarono a
seguirlo: «Fratello, cosa fai lì da solo? Vieni con noi!»
«Sì, vieni con noi, fratello e
non te ne pentirai!» lo sollecitò gentilmente un altro.
L'anziano si meravigliò. Tutti
quegli sconosciuti chiamavano lui “fratello”! Proprio lui che si era sempre
comportato in malo modo e non aveva mai dimostrato né rispetto né altruismo nei
confronti del suo prossimo!
Decise comunque di seguire il
corteo di persone festanti e sorridenti che si era nel frattempo formato e solo
dopo un po’ si rese conto che si stavano dirigendo a Betlemme.
Lungo il cammino la gente continuò
a manifestargli simpatia e cordialità e lui, sempre più stupito, continuò a
seguirli.
Quando finalmente giunsero a
destinazione le persone si inginocchiarono di fronte alla grotta in cui giaceva
un bambino appena nato e tutti, persino i più poveri offrirono un dono.
Quando arrivò il suo turno, rendendosi conto che proprio lui, il più ricco tra i presenti era giunto a mani vuote, il vecchio si prostrò davanti al neonato piangendo e pentendosi amaramente per il suo egoismo.
La sua disperazione durò tutta
la notte e pianse, pianse così tanto e così di cuore, che il mattino dopo le sue
lacrime erano ancora lì che brillavano come rugiada sotto i primi raggi di sole.
Le stille si erano cristallizzate a causa del gelo ma, tra l'una e l'altra erano
spuntate alcune verdi foglioline.
Quella notte davanti a quella
grotta e davanti al Bambin Gesù era nato il vischio, la pianta che simboleggia le feste natalizie e che pare porti fortuna.
Leggenda dal web rielaborata dall'autrice del blog
immagini Pinterest e CleanPng
mercoledì 1 dicembre 2021
La leggenda di Fili d’Argento
Questa è la storia di un
angioletto dai capelli così chiari e brillanti che baluginavano al sole come
fossero d’argento, e per questo motivo dagli altri angeli venne soprannominato “Fili
d’Argento”.
Il piccolo angelo si distingueva
dai compagni anche a causa del suo carattere, difatti, era dispettoso,
scontroso e disubbidiente. Capelli d’Argento non amava seguire le regole e un
giorno San Pietro decise fosse l’ora di impartirgli una bella lezione. Il
custode del Paradiso convocò il piccolo ribelle al suo cospetto quindi con aria
severa lo ammonì: «In questo santo luogo non c’è posto per i maleducati e
fannulloni come te. Ti rimanderò sulla Terra e lì dovrai rimanere fintanto che
non avrai commesso un’azione talmente buona ed esaltante da farti perdonare le
tue malefatte. Solo allora potrai tornare tra tutti gli altri angeli.»
Capelli d’Argento prese male
la punizione ma, non potendo opporsi alla decisione del Santo, tutto sconsolato
volò sulla Terra. In quel periodo era inverno, i dintorni ricoperti di un manto
di neve immacolato erano un incanto per gli occhi, ma era anche molto freddo e
l’angelo vagò per giorni e giorni senza incontrare gente e senza trovare nulla
d’interessante da fare.
Ma un giorno, all’improvviso, sentì tintinnare i sonagli di una slitta che correva sulla neve e il piccolo immaginò che fosse quella di Babbo Natale.
L’anziano dalla candida barba
e il vestito rosso riconobbe l’angioletto da lontano e si fermò:” Che cosa fai
tu qui sulla Terra?”
A malincuore Fili d’Argento fu
costretto a spiegare del suo comportamento e del castigo inflittogli da San
Pietro e Babbo Natale rifletté qualche istante: «Forse qualcosa di buono puoi
fare per farti perdonare. Salta su e accompagnami nel mio giro di consegne. Mi
aiuterai a consegnare tutti questi doni ai bambini.»
Fili d’Argento non si fece
pregare e salì sulla slitta accompagnando Babbo Natale e aiutandolo a smaltire i
pacchi. Dopo aver effettuato tutte le consegne la slitta si fermò e l’anziano propose
all’angioletto: «Mi puoi aiutare a decorare quegli alberelli?» terminò,
rovesciando un sacco colmo di palline colorate e di decori natalizi.
Fili d’Argento si mise all’opera
e mentre Babbo Natale vagava alla ricerca di altri alberi e di altre decorazioni,
al piccolo rimase solo un abete disadorno. Non avendo più nulla a disposizione
l’angioletto ci rifletté su e poi ebbe un’idea: staccò dalla sua veste tutte le
stelle che lo abbellivano e le appese sui rami. Non ancora del tutto contento del risultato tagliò
una parte dei suoi lunghi capelli d’argento e appese anche quelli tra i rami verdi dell’albero.
Il risultato fu talmente abbagliante che al suo ritorno Babbo Natale rimase
incantato. «Non ho mai visto un albero più bello di questo!» si complimentò con
l’angioletto «I bambini più poveri del villaggio saranno felici di averlo.
Andiamo a consegnarlo.»
Nel paese vicino viveva una
famigliola molto povera composta dai genitori e tre bambini. Fili d’Argento pose
accanto al loro camino l’alberello decorato con le sue stelle e i fili d’argento
e una montagna di pacchi dono, poi, dietro ai vetri della finestra osservò con
grande soddisfazione i salti di gioia dei bambini alla scoperta di tutti quei
regali.
Finito tutto il giro Babbo
Natale si complimentò facendogli una carezza sulla testolina priva dei lunghi
capelli d’argento: “È ora di separarci, ma tu sei stato molto buono e
altruista. Ho già informato San Pietro di tutte le tue buone azioni e il
custode è pronto ad accoglierti di nuovo in Paradiso.»
Fili d’Argento si congedò dall’anziano
e volò in cielo dove trovò San Pietro ad attenderlo. Appena vide la veste priva
di stelle e i capelli corti, il santo si commosse: «Vieni, mio piccolo angelo. Sei
stato molto buono a privarti delle cose più preziose che possedevi per farne
dono a quei bimbi poveri. Ora cuciremo sulla tua veste le stelle più brillanti
del firmamento e quando ricresceranno i tuoi capelli risplenderanno ancora più
di prima.»
Da quel giorno, sulla Terra,
gli alberi vennero decorati con l’oro delle stelle e i fili d’argento in
ricordo del nobile gesto compiuto dall’angioletto che aveva donato quanto più
di prezioso possedeva per la felicità degli altri.
venerdì 29 ottobre 2021
Stella stellina
Stella, stellina che brilli
lassù,
la tua luce risplende sulla
terra quaggiù,
con tante sorelle, il
sole e la luna
è fulgor luccicante
nella celeste laguna.
Stella, stellina non mi
guardi, perché?
Il mio desiderio
realizza per me!
Che stiano bene tutti i
bimbi del mondo,
gioiosi in famiglia a tutto tondo.
Stella, stellina che ammicchi lassù,
oggi ti chiedo un
pochino di più:
veglia su mamma, sul babbo
e sui nonni
e colma di luce i loro sonni.
Filastrocca pubblicata sul sito Scrivere
Immagini GifAnimate.com
giovedì 14 ottobre 2021
La leggenda della felicità
Dov'è la
felicità?
"Il Cuore
si rivolse al Vento:
"Tu che
soffi sulle foreste più fitte, ti prego, dimmi dove è la felicità!"
Il Vento soffiò,
soffiò, soffiò ovunque, ma non la trovò.
Il Cuore si
rivolse al Sole:
"Tu che
splendi sulle montagne più alte, ti prego, dimmi dove è la felicità!"
Il Sole guardò,
guardò, guardò ovunque, ma non la trovò.
Il Cuore si
rivolse all'Acqua:
"Tu che
raggiungi anche le terre più lontane, ti prego, dimmi dove è la felicità!"
Ma neanche
l'Acqua poté aiutarlo.
Il Cuore si
rattristò.
Pianse, dicendo:
"Allora la
felicità non esiste!"
In quel momento
la Luna si affacciò da dietro una nuvola e facendo capolino sorrise:
"Non puoi
cercare la felicità, la puoi solo trovare... è dentro di te!"
Leggenda del
popolo amazzonico Anambè.
Immagini GifAnimate.com e dal web
venerdì 8 ottobre 2021
La leggenda della vite
Un’antica leggenda calabrese narra che una
volta la vite era una pianta dal bel fogliame verde e rigoglioso, che però non offriva
frutti.
Accadde che un giorno un anziano contadino, stanco
e demoralizzato per quell’unica pianta del suo podere che rimaneva del tutto improduttiva
preoccupato che facesse troppo ombra alle altre piante impedendone la crescita decise
di tagliarla.
Seppure a malincuore agì con estrema decisione
e della bella vite rimasero solo pochi rami del tutto spogli.
Ridotta in quelle condizioni la povera pianta si
disperò e iniziò a piangere lacrime amare. Cosa aveva mai fatto di male e che
motivo aveva ancora di vivere, ridotta così a un tronco secco senza tralci e
senza foglie?
Un piccolo usignolo, che ogni sera al tramonto
si posava per cercare riparo tra i rami della vite percepì tutta la
disperazione e la malinconia della sua amica pianta e ne condivise la
sofferenza.
«Non piangere più! – disse, tentando di
consolarla – Io canterò per te e tutti sapranno quello che ti è successo!»
Per dieci sere di seguito continuò a cantare
espandendo nell’aria le note soavi della sua ugola d’oro e il suo canto melodioso
arrivò fino in cielo.
Le stelle quella sera si affacciarono sulla
Terra e ascoltarono commosse la storia cantata così dolcemente dal piccolo
volatile canterino e piansero inondando di lacrime la povera pianta.
La vite avvertì lunghi fremiti in tutte le sue fibre e si sentì piacevolmente rinvigorire. L’uccellino rimase con la pianta e il mattino dopo, al sorgere del sole, divenne testimone di un prodigio: sui rami spogli della vite iniziarono a spuntare delle gemme, che lentamente si schiusero, formando nuovi germogli. In poco tempo quei germogli generarono nuovi pampini e verdi viticci, che avvolsero con tenerezza le zampette dell’usignolo in segno di affetto e gratitudine.
Tutte le lacrime versate dalle stelle diedero
origine a chicchi succosi dell’uva, che il sole baciò, indorandoli e
maturandoli.
La leggenda narra che così nacque l’uva, il frutto che possiede l’energia delle stelle, la dolcezza del canto dell’usignolo e la stessa luce delle sere d’estate.
Ricerca effettuata sul web e rielaborata dall'autrice del blog.
Immagini dal web
venerdì 1 ottobre 2021
La leggenda dell'autunno
Questa bella leggenda ha inizio tanto
tempo fa quando i boschi erano immensi e rigogliosi, ricchi di fiori e di
vegetazione, ed erano abitati da tanti animali e persino da alcune piccole
creature chiamate folletti.
A quei tempi una passeggiata in un bosco era già molto istruttiva e poteva riservare tante piacevoli sorprese, perché queste piccole creature vivevano felici e gioiose e girovagavano spandendo allegria nei dintorni. Tra loro vi erano anche quelli più coraggiosi o impudenti che non avevano nessun timore di mostrarsi.
I folletti amavano soprattutto la bella stagione, quando il sole era alto, le ore di luce più lunghe e i colori delle piante e dei fiori erano vividi e brillanti. Ma si sa che le stagioni si alternano e lo hanno sempre fatto, così venne anche il giorno che il sole prese a calare sempre più presto, le ombre ad allungarsi su tutto il bosco e l'aria iniziò a rinfrescarsi.
Tra i tanti folletti vi era anche Timothy,
che osservava sempre più preoccupato l’avvicinarsi dell’autunno. Gli amici animali si
affannavano a cercare di rendere più calde le tane e a fare le scorte
di cibo per l'inverno.
Il piccolo Timothy scrutava il cielo e
vedeva stormi di uccelli alzarsi in volo per migrare verso le terre più calde. Mentre
osservava tutto ciò il folletto desiderò molto avere le ali per poter volare
lontano ed evitare l'arrivo della stagione più fredda.
Anche i suoi compagni iniziarono a darsi
da fare. Si aggiravano in modo frenetico per il bosco a raccogliere la legna, i
funghi, le castagne e le nocciole per rifornire le dispense e prepararsi ad
affrontare al meglio il lungo periodo invernale.
Timothy rimase tristemente fermo per parecchio tempo a osservare il lavorio dei compagni, che inutilmente lo sollecitavano a muoversi e ad aiutare.
Lo sconsolato folletto si mise a
pensare e all'improvviso gli venne una bella idea: perché non organizzare una
festa per salutare l'estate e l’arrivo dell'autunno? L'idea gli piacque così
tanto che corse a dare la notizia ai compagni che, a loro volta, accettarono con
gioia l'idea. Solo pochi tra loro esitarono, timorosi della reazione degli
alberi. Gli alberi erano considerate creature serie, arcigne e severe che non
sopportavano la confusione e il rumore e con gli allestimenti e i decori vari che
occorrevano perché una festa riuscisse bene, di rumori e di caos i folletti ne avrebbero prodotto molto.
Allora Timothy propose di agire con l'oscurità, quando anche i signori alberi si riposavano e dormivano.
Quella stessa notte, con il chiarore e
il sorriso della luna e l’ammiccare delle stelle, i folletti salirono tra i rami
e dipinsero le foglie di giallo, marrone e rosso lasciando un tocco di verde qua
e là.
Il mattino dopo, al risveglio della
natura, anche gli alberi rimasero senza fiato per lo spettacolo. La festa poi fu
un successone e le danze i canti si prolungarono tutto il giorno, con la
partecipazione degli altri abitanti del bosco.
Quando scesa la sera i folletti si
apprestarono a rimettere in ordine e a
ridipingere le foglie di verde, il grande castagno, l'albero più anziano e
autorevole del bosco, dopo essersi consultato con i compagni domandò ai
folletti di lasciare le cose così com'erano perché il bosco non era mai stato
così bello, colorato e suggestivo. D’altronde, la fatica di ridipingere sarebbe stata inutile,
perché da lì a poco le foglie sarebbero cadute in modo naturale.
I folletti esaudirono il desiderio degli
alberi e, da allora, prima che il gelido vento invernale spogli del tutto gli
alberi dal fogliame, la natura si dipinge di oro e di rosso offrendo all’umanità
uno spettacolo mozzafiato.
Leggenda trovata sul web e rielaborata dall'autrice del blog.
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