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sabato 23 novembre 2019

Alizaar e il piccolo mimo






Alizaar, la fatina dei bimbi e delle lucciole magiche era disperata.
Il motivo di tanta tristezza era dovuto al fatto che la sua natura magica era limitata e ligia al compito che le fate maggiori le avevano affidato.  
Alizaar aveva l’incarico di lanciare una lucciola magica in cielo, che si sarebbe trasformata in stella, ogni volta che nasceva un bimbo e quella stella avrebbe illuminato la via del neonato per sempre.
Purtroppo, quel giorno non risultava lieto come tutti gli altri e le lucciole, che percepivano la profonda malinconia della fata senza capirne i motivi, la guardavano con apprensione. Non avevano mai visto la loro amica così triste e la cosa le innervosiva.
«Che cosa ti succede Alizaar? Perché sei così seria?» chiese Lucy, la portavoce di tutte le lucciole in servizio volontario nella sua lanterna magica.
«Stamattina una delle cicogne addette all’annuncio della nascita dei bimbi, mi ha riferito che presto ne nascerà uno, del quale di certo non potrò sentire i vagiti perché sarà diversamente abile, cioè non sarà mai in grado di sentire e nemmeno di riprodurre suoni. E voi sapete bene che per accendere la stellina per lui devo udirne il pianto.»
Alizaar scoppiò in lacrime e anche le lucciole si commossero con lei.
All’improvviso a Lucy venne un’idea e per l’emozione s’illuminò tutta.
«Smetti di piangere, fatina, altrimenti farai piangere anche tutte noi. Piuttosto, perché non domandi un suggerimento al Consiglio Supremo delle fate? Forse riusciranno a trovare una soluzione affinché anche questo piccolo abbia una stella dedicata soltanto a lui.»
Alizaar sgranò gli occhi sulla piccola lucciola, mentre si asciugava le lacrime e soffiava il nasino.
«Mi sembra una buona idea. Mi aiuterete a inviare un messaggio per riunire il Consiglio?»
«Ma certo. Ci penseremo noi. Scommetto che le api, i coleotteri e le coccinelle si presteranno volentieri a volare per te come messaggeri.» rispose Lucy.
In men che non si dica decine d’insetti si alzarono in volo recapitando il messaggio e poco dopo il consiglio si riunì, presieduto da una delle fate più anziane.
Ognuna delle partecipanti provò a dire la sua, ma nel bel mezzo dell’assemblea, si fece avanti una minuscola fata con le grandi ali da farfalla, coloratissime prendendo la parola:
«Innanzitutto, vorrei sottolineare che, già il fatto di sapere che questo bimbo nascerà, è una splendida notizia. Ringraziamo dunque la cicogna che ci ha informato del lieto evento. Inoltre, è anche vero che Alizaar non ne potrà sentire i vagiti, perché il pianto del bimbo sarà silenzioso, ma se si trovasse presente al momento della nascita e lo vedesse piangere, potrebbe lanciare lo stesso le sue lucciole nel cielo, e fare sì che la stellina del neonato si accenda e risplenda solo per lui.»
Le fate, ma soprattutto Alizaar, guardarono con gratitudine la fatina- farfalla e accolsero con entusiasmo la sua splendida idea.
Alla fine della riunione, la farfallina s’avvicinò ad Alizaar e sottovoce le bisbigliò:
«Vorrei che questo bimbo ricevesse un dono speciale, mia dolce amica. Portale per me questo piccolo amuleto, e mettilo al suo collo. Poi dovrai solo recitare la formula magica, così che possa splendere per sempre al suo petto, come splenderà la stellina che accenderai per lui.»
«Dimmi farfallina, di che incantesimo si tratta?»
Farfallina sorrise e rispose, con un sorriso misterioso:
«Questo bimbo diventerà il più grande e potente comunicatore del mondo intero!»
Alizaar la guardò con un pizzico d’incredulità. Avrebbe voluto saperne di più, ma Farfallina si congedò dalla sua amica.
E fu così che il giorno in cui nacque il piccolo Davide, una stella brillantissima si accese in cielo per lui mentre, felice per aver ancora una volta adempiuto al suo dovere, Alizaar, del tutto invisibile agli esseri umani, mise al collo del piccolo il talismano donato da Farfallina.
Non fu di certo una vita facile per lui all’inizio, ma grazie alla stellina che ogni sera ammiccava lucentissima, il bimbo fece un incontro che gli cambiò la vita in un modo strabiliante.
Un giorno fu portato al circo dai genitori e lì conobbe un clown che era anche un mimo molto famoso.
Il pagliaccio s’intenerì quando conobbe il suo problema e decise di insegnargli la sua arte.  
Il piccolo Davide imparò presto e quando fece il suo debutto sulla pista, mascherato da Pierrot, iniziò a mimare con le mani e con il corpo animali e cose.
Fu un vero trionfo! Il pubblico si alzò in piedi per applaudirlo.
Il tempo passò in fretta. Davide era benvoluto da tutti gli amici e gli animali del circo. Aveva sempre il sorriso sulle labbra e sembrava proprio che la sua menomazione non gli pesasse.   Le persone rimanevano affascinate dal suo buon carattere e dal suo modo di fare.
Insieme al ciondolo magico il ragazzo aveva ricevuto un dono straordinario da fata Farfallina, ed era quello di poter comunicare in tutte le lingue del mondo.
La cosa più sensazionale era che il piccolo mimo riusciva a intuire le necessità degli animali, a prevenirne i desideri, ma soprattutto a comunicare con loro. Nessun altro al mondo era in grado di fare altrettanto!
Un giorno, al circo, accadde una cosa straordinaria, di cui trattarono i giornali per molto tempo.
Iniziò tutto con una scintilla causata da un corto circuito. Ebbene, quella scintilla provocò un principio d’incendio che fece accorrere tutti, uomini, donne e bambini nel disperato tentativo di soffocare le fiamme che già lambivano il telone del circo.
Il quel momento il domatore stava effettuando gli abituali esercizi con le sue tigri della Malesia.
L’allarme per l’incendio risuonò improvviso e lo costrinse a rinchiudere frettolosamente le grandi gabbie dove erano custoditi i felini.
Nella confusione venutasi a creare, una delle gabbie rimase con la porta accostata e due delle tigri riuscirono a fuggire.
Il fato giocò uno strano ruolo in tutti gli avvenimenti che si verificarono da quel momento in poi, conducendo le tigri impazzite dal terrore verso il tendone in cui si trovavano gli elefanti.
Sappiamo tutti della proverbiale diffidenza che corre tra queste due specie.
Ebbene, gli elefanti alla vista improvvisa dei due felini, che ruggivano con fragore, cominciarono a strattonare le corde a cui erano legati.
Le urla, le fiamme e l’odore acre di fumo, che si stava propagando dappertutto, terrorizzarono i pachidermi che lanciarono barriti altisonanti e, con la forza della disperazione, divelsero le catene che li tenevano prigionieri e fuggirono.
La folle corsa rischiò di travolgere tutto ciò che si trovava sulla loro strada.
Davanti a loro fu un fuggi fuggi generale mentre, dietro, terrorizzate anch’esse dalla totale confusione, seguivano le tigri.
Per fortuna, l’incendio venne domato, anche se, purtroppo, gli animali erano ormai lontani e stavano dirigendosi minacciosamente verso la città.
Il domatore e gli artisti del circo seguirono con apprensione gli elefanti e i felini, senza riuscire in nessun modo a fermarli quando, e all’improvviso, davanti a loro si stagliò la figuretta esile vestita di bianco.
Davide appariva calmo e tranquillo mostrando un grande coraggio davanti a quella carica forsennata.
Dimenticando che non era in grado di sentire, il domatore gli urlò un avvertimento:
«Spostati ragazzo! Morirai calpestato!»
E, forse, se anche avesse potuto, Davide non si sarebbe spostato.
La sua figuretta impavida si stagliava con le braccia aperte, quasi a voler bloccare la massa di animali lanciati nella folle corsa.
Il ragazzo stava immobile e fissava negli occhi l’elefantessa che sembrava guidare il branco.
Il pachiderma si chiamava Bing e s’accorse subito del ragazzo che era d’intralcio sulla loro strada.
Le sue grandi orecchie sferzarono nervosamente l’aria mentre inalberò la proboscide lanciando altisonanti barriti di avvertimento.
Conosceva bene il ragazzo, che ogni giorno si fermava tra loro mostrando una grande attenzione nei confronti di tutti gli animali presenti nel circo.
Davide, a poco a poco, era riuscito a conquistarsi la loro fiducia.
Purtroppo, Bing era troppo spaventata e pressata dai compagni e dai felini che sembravano perseguitarla.
Lanciò comunque un ultimo avvertimento:
«Spostati ragazzo! - gli comunicava. - Spostati! Non voglio farti del male!»
Davide sorrise:
«Fermati mamma elefante! E ferma i tuoi amici! Anche tu Fiammetta! E anche tu Geraldina! Fermatevi tutti! Il fuoco ormai è spento! Non dovete più temere!»
Il branco era ormai a una decina di passi dal ragazzino e ai presenti, ignari del silenzioso dialogo tra i due, parve proprio che non ci fosse margine di salvezza per quella figuretta esile.
La polvere sollevata dalle mastodontiche zampe dei pachidermi coprì la scena per qualche interminabile secondo e gli addetti del circo rimasero con il fiato sospeso.
Quando la nube si dissolse e l’aria tornò pulita, una visione meravigliosa apparve agli occhi dei presenti.
Un attimo prima di travolgere il ragazzo, Bing era riuscita a frenare la sua corsa e quella degli altri animali, poi aveva teso la sua proboscide come in un abbraccio e sollevatone con delicatezza il corpo, se lo era posto sul dorso, così come appariva in quel momento agli occhi dei circensi.
«Vieni ragazzo, torniamo a casa!» era riuscita a comunicargli.
«Sì, Bing. Torniamo!» aveva risposto lui a modo suo.
Sotto lo sguardo esterrefatto del domatore, dei pagliacci e degli atleti, il branco di pachidermi e dei felini si rimise in cammino verso il circo.
Davide aveva compiuto un atto di coraggio e da quello ne era nato un prodigio.
Era riuscito a comunicare con i suoi amici animali e a fermarne la folle corsa verso la salvezza. Ma soprattutto, era riuscito con il linguaggio che solo lui conosceva, a trasmettere amore per la vita e tanta pace.
Ancora una volta, un incantesimo del bene aveva dato i suoi buoni frutti.
La fata Alizaar, ora sorrideva raccontando alle sue amiche la storia del piccolo Davide, il mimo più famoso e più felice del mondo intero.

                                                     





mercoledì 20 novembre 2019

Alizaar...La fata dei bimbi




Nel mondo dei sogni magici, si racconta di una piccola fata portatrice della lanterna delle lucciole ammiccanti.
La fatina si chiamava Alizaar e aveva ricevuto l'incarico di lanciare nel cielo le lucciole volontarie.
I piccoli e magici insetti si erano offerti sin dalla nascita a illuminare i sentieri bui della notte alla fatina. 
Il compito che le era stato affidato era quello di cogliere il pianto che ogni neonato emette alla sua nascita. Al primissimo vagito, doveva essere lesta a prelevare una lucciola magica dalla lanterna e lanciarla nel cielo, affinché l’insetto si potesse trasformare in una piccola stella.
                                                  
                                                               
                                                                  

           
Era un evento che accadeva dalla notte dei tempi. Ogni qualvolta nasceva e nasce ancor oggi un bambino, una piccola stella s’illumina   nel cielo e cresce, cresce fintanto che il bimbo non diventa un adulto.
La stella accesa per quel neonato sarà per sempre dedicata a lui e lo illuminerà e lo guiderà soprattutto quando si troverà ad affrontare le situazioni più difficili.
In questa storia si narra di quella notte che il mondo, a causa della gelosia di una strega malvagia, ha rischiato di rimanere nell’oscurità totale.
Quella sera Alizaar camminava nel bosco delle fate, come sempre con le orecchie ben tese. Ebbene, era tanto intenta ad ascoltare il silenzio del bosco, da non accorgersi dell' ombra scura che la stava seguendo da tempo.                                              
                                
                                                      

Era la fata nera Malvena, che abitava nell'antro più scuro del regno magico e che usciva solo di notte, perché ormai la sua pelle era abituata alla tenebra più fitte. La fata oscura non avrebbe sopportato la luce del giorno, e se fosse stata raggiunta da uno solo dei raggi solari, la sua pelle pian piano si sarebbe raggrinzita fino a farla sembrare una mummia, a distruggerla e a farla svanire nel nulla per sempre.
A Malvena la lanterna di Alizaar faceva gola perché poteva illuminare anche le notti che lei passava a caccia di rospi e animaletti vari ritenuti indispensabili per la preparazione dei suoi intrugli e pozioni velenose. Era inoltre convinta che se il mondo avesse perso un po' della sua luce naturale, per lei sarebbe stato un bene.
Malvena era tanto perfida che sarebbe stata disposta ad uccidere pur di ottenere ciò che tanto desiderava.
Quella notte iniziò a seguire la fatina tenendosi nascosta tra le ombre degli alberi e, quando finalmente giunsero nei pressi di un ruscello, intuì che quella era l'occasione giusta.
Era la notte del cambio e del rinnovamento delle lucciole nella lanterna.
 I piccoli insetti non erano instancabili e nemmeno eterni e ogni tanto occorreva sostituirli. Le vecchie lucciole lasciavano il posto alle nuove volontarie.                                                        
                                                                                                                        
E fu proprio nel momento delicato della sostituzione che scattò la trappola della fata nera.  Negli attimi che ci vollero per effettuare il cambio, Malvena lanciò il suo incantesimo facendo apparire all'improvviso, tra i piedi di Alizaar, una grossa radice d'albero contorta e sporgente.
La giovane fata non se ne avvide in tempo, inciampò e cadde rovinosamente a terra ruzzolando infine nel torrente.  Il peso dei vestiti che indossava la trascinarono sottacqua quindi, venne catturata dalla forte corrente.
Alizaar, forse, non se ne rese nemmeno conto, ma un attimo prima di cadere nel torrente mollò la presa della lanterna lasciandola cadere per terra.
Non era mai accaduto nella storia delle lucciole, che una fata portatrice abbandonasse, anche solo per un attimo, la sua lanterna. Eppure, Alizaar così facendo, salvò le sue piccole amiche a cui era tanto affezionata. Quando si accorse di non averle più con sé e del pericolo mortale che avevano corso per la sua sbadataggine, si ripromise, appena le fosse stato possibile, di ritrovarle e non lasciarle mai più.
I suoi propositi erano buoni, ma la fatina non aveva tenuto conto della corrente, che in un attimo la portò lontano dalla riva.
Quando, dopo ore riuscì con fatica a ritornare sul posto, bagnata e confusa, nonché mortificata per l'accaduto, la lanterna con le lucciole era sparita.
                                                       
Alizaar, del tutto ignara che la colpevole del furto fosse la fata nera, iniziò la ricerca. Senza lucciole non avrebbe più potuto accendere stelle nel cielo, ed erano già molti i bambini nati dal momento dell’incidente che non avevano ancora la loro luce.
Il pianto che le salì dal cuore e i suoi lamenti accorati spinsero le molte creature magiche, abitanti del bosco, ad accorrere in suo aiuto. Fu una libellula della specie argentata a raccontarle come, in realtà, fosse stata Malvena a procurarle l’incidente e a rapire le sue piccole amiche.
Alizaar rimase interdetta. Mai si sarebbe aspettata un’azione così malvagia da parte della fata nera.
Per un attimo fu presa dallo sconforto ma poi reagì.
Le rimaneva solo una cosa da fare, prima che il disastro s'impadronisse del mondo.
«Saresti disposta a portarmi fino all'antro della fata nera?» domandò alla libellula che, come dimensioni era molto più grande rispetto a lei e in grado di trasportarla sul dorso.   
La libellula si prestò volentieri piegando le sue zampe per agevolarle la salita.
In pochi minuti di volo, seguite da tanti altri abitanti del bosco e da tante altre lucciole,  arrivarono all'imboccatura di un grande buco nero.                 
                                                                        
Appena si avvicinarono furono assaliti da un tanfo terribile che li fece arretrare. Alizaar non si lasciò impressionare dal cattivo odore, anche perché sentiva il peso della responsabilità di quanto accaduto e riteneva che, ormai, era una questione di vita o di morte. Se non fosse entrata nell'antro, la terra sarebbe stata, con gli anni, destinata a diventare un pianeta desolato senza la luce delle stelle.
Attingendo a tutto il suo coraggio entrò, seguita dallo sciame di lucciole che l'accompagnarono fino a quando arrivarono nella caverna centrale.
L’oscurità era quasi totale e solo in un angolo spiccava l'alone della lanterna con le lucciole prigioniere, che Malvena aveva provveduto a coprire con un telo scuro.
Furiosi con la strega, i piccoli insetti, avendo percepito il suo punto debole avevano preso a luccicare con un’intermittenza senza fine, recandole un fastidio enorme sia alla pelle, che agli occhi abituati all'oscurità.
Alizaar se la ritrovò davanti quasi senza accorgersene perché la sua attenzione era tutta rivolta alla lanterna. Mancò un soffio che Malvena, impugnata la sua bacchetta magica, riuscisse a pronunciare l'incantesimo fatale.
Lo sciame di lucciole che l’avevano seguita, si buttò all’unisono sulla strega, che fu avvolta così in mille lampi accecanti che colpirono i suoi occhi e la sua pelle come tanti aghi dolorosissimi. Malvena lanciò un urlo orripilante e cercò di coprirsi il viso e il corpo come meglio poteva.
                                              

Alizaar non si fece sfuggire quel momento propizio e pronunciò lei stessa l'incantesimo che immobilizzò la strega come una statua di sale.
Essendo una creatura benefica, nata per fare solo del bene, Alizaar non volle infierire su Malvena e pensando che fosse stata punita abbastanza, la lasciò prigioniera del suo incantesimo, che pian piano si sarebbe dissolto, lasciandola a rimuginare sul male fatto. 
O almeno, così sperava e ripresa la lanterna con le lucciole magiche uscì da quel luogo oscuro.
Appena all’esterno aprì la lanterna e liberò tante lucciole, quanti i nuovi vagiti che aveva percepito. Per sicurezza, ne liberò qualcuna in più e le lanciò nel cielo, tramutandole in stelle.
Fatto questo se ne ritornò nel suo bosco fatato, ed è ancora là, con la sua lanterna, le magiche lucciole, sempre in ascolto, sempre in attesa di vagiti neonati.
                                                     
  



                                         


 

             
Favola di Vivì pubblicata " Le favole di Gigagiò" 
Immagini GifAnimate.com 
                                                 
                                                                                           

sabato 9 novembre 2019

IL VERSO DEL LEOPARDO DI VIVI' COPPOLA







 Mwana Wa Chui è un’esile creaturina pelosa, appena nata, abbandonata e rinvenuta,
nel folto della foresta, da due ragazzi della tribù Wandinga.  Nubia e Naaghet soccorrono il cucciolo di
gorilla e, con i consigli della donna sciamano del villaggio, riescono a
salvarlo e poi allevarlo amorevolmente. Tra i tre s’instaura un rapporto di
amicizia e di fiducia reciproca e Mwana si rivela ben presto una creatura
straordinaria, dalle facoltà intellettive impensabili per la specie a cui
appartiene. Infatti, Mwana, grazie agli insegnamenti di Nubia, impara presto a
comunicare con i suoi amici umani tramite il linguaggio dei sordomuti e quello
del corpo. Purtroppo, le voci di queste sue peculiarità giungono alle orecchie
di un malvagio bracconiere che, incuriosito e interessato, intraprende un lungo
viaggio attraverso la foresta per raggiungere il villaggio dei Wandinga. Il
losco scopo del cacciatore è quello di rapire e vendere al miglior offerente la
sua preda, ma i tamtam comunicano l’arrivo del bracconiere e dei suoi uomini e
mettono in allerta gli abitanti del villaggio. Sarà allora che la donna
sciamano, per salvaguardare la vita dei tre amici, consiglia loro di partire.
Inizia così una lunga fuga attraverso una foresta che è immensa e nasconde pericoli
di ogni tipo. I tre si troveranno ad affrontare ostacoli imprevisti e una
dolorosa quanto necessaria separazione voluta da Mwana. Il giovane gorilla
intraprenderà una nuova strada alla ricerca dei suoi simili e alla scoperta
della sua vera essenza. Con questi nuovi amici si troverà a vivere situazioni
ed esperienze del tutto diverse e anche a dover accettare l’autorità di un
capobranco. A volte rimpiangerà amaramente di aver lasciato i suoi due compagni
umani. Quando alla fine si ritroveranno il primate dovrà fare una scelta.
Continuare a vivere una vita che non sente del tutto sua con i suoi simili o
tornare al villaggio che l’ha adottato e visto diventare adulto? Un racconto
colmo di colpi di scena e di avventure, ma anche una storia di profonda amicizia,
devozione e solidarietà tra generi diversi. 

La leggenda di re Carnevale

  C’era una volta un regno governato da un sovrano chiamato Carnevale dall’indole scherzosa, altruista e molto generosa. Difatti, ogni sud...