Nelle profondità del mare
nasce la leggenda di una misteriosa e bizzarra creatura che, pur appartenendo
al genere dei pesci, non vi assomiglia affatto. Il nome di questa affascinante
creatura sarebbe Ippocampo ma è meglio conosciuto come Cavalluccio marino, per
via di quel suo strano modo di nuotare in posizione verticale e per il muso che
ricorda quello di un cavallo.
La leggenda ha inizio sulla
terra e narra di due giovani cavalli innamorati che galoppavano e si
rincorrevano tutto il giorno per i prati, liberi e felici. Ma un giorno accadde
che udirono all’improvviso dei profondi ringhi e ululati, solo allora si
accorsero di essere inseguiti da un branco di bestie selvagge.
C’è chi racconta che gli inseguitori fossero cani randagi e chi, addirittura, di un’orda di lupi famelici, comunque fosse, i due cavalli intuirono presto di essere diventate prede e fuggirono terrorizzati.
Il destino volle che imboccassero
un sentiero sbagliato che li condusse soltanto sul ciglio di uno strapiombo sul
mare.
I due videro il vuoto
delinearsi all’orizzonte e sotto di loro una immensa distesa di acqua salata. Si
guardarono, consultandosi. Che fare? Fermarsi e lasciarsi divorare vivi da
quell’orda famelica o continuare la folle corsa con un tuffo finale nel mare?
I due fuggitivi non ebbero dubbi
ed esitazioni e scelsero di lasciarsi cadere nel vuoto.
La leggenda narra che Nettuno,
il dio del mare, aveva assistito dal suo regno alla fuga dei due innamorati e
al loro disperato tentativo di sottrarsi agli inseguitori con quel tragico
tuffo finale. Nettuno s’impietosì e decise di aiutarli a modo suo.
Un attimo prima che i due
cavalli annegassero i loro corpi subirono una mutazione: il manto perse il pelo
e si ricoprì di squame, le zampe divennero pinne e i polmoni mutarono in
branchie. Ora le due creature erano in grado di nuotare e respirare sott’acqua.
Il prodigio era compiuto.
Gli abitanti degli abissi,
pesci, molluschi e crostacei assistettero con meraviglia alla mutazione e
accolsero benevolmente i nuovi arrivati.
La leggenda termina narrando
che il branco di bestie fameliche, non avendo avuto lo stesso coraggio delle
prede, rimase sul ciglio del baratro rodendosi per la rabbia e per la fame da…lupi!
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