Panzerotto! Che strano
nome gli avevano affibbiato i bambini quell'estate e questo perché con il papà,
che li aveva
aiutati, avevano abbozzato anche un corpo al
fantoccio.
«Pare un salsicciotto!»
«A me sembra un
panzerotto!»
Salsicciotto e
panzerotto e alla fine, avevano tirato a sorte il secondo.
Panzerotto era uno
spaventapasseri speciale e ricordava ogni momento della sua nascita.
I bimbi, due maschi e
una femminuccia, con l'aiuto del papà, avevano piantato un lungo bastone nel
terreno, ne avevano legato uno un po' più corto in orizzontale, appallottolato
paglia e stracci per la testa e il corpo rivestendolo poi con una vecchia salopette
rattoppata, una camicia a quadri e della paglia utilizzata per simulare i
capelli.
Eppure, il giorno della
sua nascita non fu felice per lui. I bambini avevano dimenticato di mettergli gli occhi, il naso e la
bocca.
Come poteva essere
felice di esistere senza poter guardare il mondo intorno, senza poter respirare
l'aria pura e i profumi primaverili; senza poter cantare con il gallo la
sveglia del mattino e, infine, senza poter ascoltare il concerto melodioso
degli uccellini.
No! Panzerotto non era affatto contento di essere venuto al mondo e per giorni se n'era rimasto immobile sotto il sole e in balia del vento.
Ma un giorno, la bimba,
che si fermava spesso a osservarlo, domandò alla mamma di cucire due grandi
bottoni azzurri per simulare gli occhi e due belle labbra rosse per la bocca.
Poi, il papà gli sistemò anche un naso molto buffo, come quello dei pagliacci e
per finire, meraviglia delle meraviglie, due conchiglie posizionate ai lati della
testa.
Solo allora Panzerotto
si sentì uno spaventapasseri felice.
Ogni sorgere del sole e
ogni tramonto trovava fosse un incanto; ogni mattina si svegliava con il canto
del gallo, e ogni pomeriggio assisteva ai giochi dei bimbi, ascoltava i
richiami e i canti degli uccelli e aspirava i profumi dei fiori.
Panzerotto divenne
amico di tutti e anche se era uno spaventapasseri, non era nato per fare la
guardia alla frutta e alla verdura dell'orto, ma solo come gioco per i bambini.
Il fantoccio era
contento del suo compito perché variava sempre. Una volta diventava una sentinella,
una volta faceva da palo per i ladri, altre volte doveva fare il soldatino.
Oltre a giocare con i
bambini, anche le api, le farfalle e gli uccellini divennero suoi amici e
spesso e volentieri si posavano sulle sue braccia tese, per tenergli compagnia.
La primavera finì e
venne l'estate, ma anche la stagione calda terminò presto e con settembre i
bimbi tornarono a scuola. Panzerotto rimase solo in mezzo al prato del giardino.
I giochi, le rincorse e
gli schiamazzi gioiosi erano terminati. Le rondini e gli uccelli migrarono e
persino le cicale smisero di frinire.
L'autunno portò le
piogge, il vento e la caduta delle foglie.
All'inizio il mondo
intorno allo spaventapasseri si arricchì di tinte calde e suggestive: giallo,
dorato, rosso vermiglio, ma dopo pochi giorni tutto rinsecchì e gli alberi
divennero scheletrici.
Quanta tristezza e che
malinconia!
La nebbia avvolse i
dintorni e l’animo di Panzerotto s’incupì, come il cielo gravido di nuvole
grigie.
Solo e abbandonato a se
stesso si piegò alla furia del vento, che gli strappò la camicia e gli portò
via il cappello.
Passò molti giorni in
balia del cattivo tempo e stava rischiando di essere trascinato via quando, per
fortuna, la mamma si accorse di quanto stava accadendo e pregò il papà di
metterlo al riparo nel ripostiglio degli attrezzi dell’orto.
Panzerotto poté tirare
un sospiro di sollievo. Gli era stata data la possibilità di riposare
tranquillo e dai grandi finestroni del locale, poteva ancora ammirare il
paesaggio all'esterno.
I giorni passarono in
fretta e con l'inverno arrivò la prima neve.
Per lui, nato la
primavera precedente, era una novità assoluta. Non l'aveva mai vista e si
soffermò a osservare meravigliato l'incanto della danza dei fiocchi.
La nevicata durò per
qualche giorno e il mondo fuori dallo scantinato si rivestì con un manto
immacolato.
Quando la tempesta
terminò, Panzerotto vide il papà dei bambini trafficare con fili di luci
colorate, che avvolgeva intorno alle chiome degli alberi sempreverdi e intorno
alle finestre della casa.
Alla sera le luci si
accendevano, rendendo il paesaggio magico e stellare ai suoi occhi.
Un giorno, vide tornare
i bambini nel giardino e giocare con la neve. Lui non poteva saperlo, ma erano
iniziate le vacanze di Natale ed essendo le scuole chiuse, tutti i bambini
erano a casa.
Le urla gioiose e gli
schiamazzi tornarono a rallegrarlo. Panzerotto assistette alla guerra con le
palle di neve, a cui partecipavano anche mamma e papà e lui, che non aveva
niente altro da fare, si divertiva a guardarli.
Poi, smisero di giocare
e iniziarono a compattare grosse porzioni di neve ricavandone una grande boccia
e un'altra molto più piccola, che posizionavano sulla prima.
Sotto il suo sguardo
incuriosito prese forma un buffo e tarchiato pupazzo di neve, a cui i bambini misero
gli occhi, il naso e la bocca. Poi con una sciarpa e un cappello terminarono l'opera.
Ripeterono gli stessi gesti ancora una volta e un secondo pupazzo di neve prese
forma accanto al primo.
Per un po’ i ragazzini
rimasero a giocare intorno alle loro creazioni, poi venne freddo e buio e il
silenzio ritornò sul prato innevato.
Fu all’improvviso che Panzerotto
si sentì osservato.
I due pupazzi senza
nome, lo stavano studiando con attenzione.
Panzerotto avvertì
fastidio ma, bisognoso di compagnia provò a fare amicizia.
I Senzanome, così decise
di chiamarli, non risposero a nessuna delle sue domande e rimasero a scrutarlo in
modo malevolo, finché non scese la notte.
Il mattino dopo i due erano ancora lì a guardarlo e lo spaventapasseri decise di ignorarli.
Dopo poco iniziarono le
urla e i giochi dei bambini. I due pupazzi vennero presi come bersaglio per le
palle di neve e a furia di essere colpiti, le loro belle facce paffute finirono
per rovinarsi. A fine mattinata rimasero in piedi soltanto le due grosse palle
rotonde, che erano stati i loro corpi.
A quel punto, il gioco
divenne noioso e i bambini tornarono a casa.
Dispiaciuto, Panzerotto
rimase a guardare con aria mesta quel poco che rimaneva dei due pupazzi. Certo,
il giorno prima a lui non avevano dimostrato molta simpatia, ma non meritavano
nemmeno di essere distrutti.
Una folata improvvisa e violenta spalancò la porta del locale in cui era stato riposto e, preso dalla smania improvvisa di uscire, Panzerotto saltellò in modo buffo verso l'esterno. Che gioia scoprire di non essere soltanto un bastone rinsecchito e inanimato coperto di stracci. Lui si sentiva vivo. Vivo e libero di muoversi. Fuori era molto freddo e in giro non c'era più nessuno.
Lo spaventapasseri
scrutò desolato i miseri resti di neve ghiacciata domandosi se poteva fare
qualcosa per aiutare i due pupazzi. “Se avessi due braccia e due mani vere
potrei ricostruirvi, ma così non posso fare nulla!” si disse sconsolato.
In quel momento, come
per incanto, si ricordò della filastrocca che scandivano i bambini:
Regina candida delle nevi
i
giorni freddi saranno assai brevi,
regina del ghiaccio e della tormenta
a noi il tuo gelo non ci spaventa!
Allora Panzerotto scandì il suo desiderio: «Regina, regina delle nevi! Ti prego! Donami la vita per un'ora soltanto, così che possa a mia volta ridonare la vita a questi due pupazzi.»
La sua preghiera venne raccolta dal vento e arrivò nel regno di ghiaccio, dove viveva la candida dama, chiamata appunto “regina delle nevi.”
La bianca dama, in genere gelida e indifferente nei confronti degli umani e di tutto ciò che li riguardava, lesse nel cuore dello spaventapasseri e per un attimo il gelo della sua indole si sciolse.
«Ti accontenterò! Avrai un'ora di tempo, poi tornerai a essere quello per cui sei nato!»
La candida regina
soffiò una nuvola gelata, che avvolse Panzerotto.
Quando la nube si
dissolse, l'incantesimo era compiuto. Lo spaventapasseri era diventato una
creatura vivente, con due braccia e due gambe.
Felice di potersi
muovere, camminare e agire come una persona, Panzerotto si mise all'opera.
Compattò tra le mani
grosse porzioni di neve, così come aveva visto fare ai bambini e ridonò forma
ai due pupazzi.
Lavorava con così tanto
impegno e con tanto trasporto, che il ghiaccio si compattò in modo da prendere
la consistenza di una roccia. I bambini non sarebbero più riusciti a distruggerli,
né tantomeno sarebbero riusciti i raggi cocenti del sole d’estate a sciogliere
la neve.
Panzerotto, senza
saperlo, stava compiendo un vero prodigio.
Mentre lavorava, però, sembrava
non accorgersi del freddo e le sue mani ben presto si illividirono. Essendo stato
ideato con il caldo e per la bella stagione era stato rivestito di indumenti
leggeri, che non potevano ripararlo dal gelo, specie ora che era stato
trasformato in un essere umano.
Quando terminò, i due
pupazzi lo fissavano ancora con aria corrucciata, come se non fossero per
niente contenti del suo lavoro.
Panzerotto ci rifletté
e poi cambiò la loro espressione mettendo al rovescio il bastoncino utilizzato
per le labbra e sollevandole in un sorriso. Come per magia, gli occhi divennero
subito ridenti e i volti dei pupazzi si accesero di simpatia.
I Senzanome sembrarono
prendere vita e seppure tremebondo per il gran freddo, lo spaventapasseri pensò
di dare a entrambi un nome.
«Gelsomina e Camillo!
Vi chiamerò così!» esclamò, abbracciandoli.
Purtroppo, in quel
momento un senso di gelo si propagò dalle sue gambe al tronco e poi risalì
ancora, ghiacciando le sue braccia e le mani. In pochi secondi il corpo di Panzerotto si
trasformò in una statua di ghiaccio.
Quando il mattino dopo i
bimbi tornarono a giocare in giardino trovarono i due pupazzi di neve intatti e
molto più belli di prima e disteso per terra, inanimato e ghiacciato, lo
spaventapasseri costruito con il loro papà.
Inutilmente si
domandarono chi avesse ricomposto i due pupazzi e chi avesse portato fuori dal
ripostiglio il fantoccio.
«È tanto malridotto che
sarebbe da buttare o da bruciare nel fuoco!» dissero i bambini.
Ma il papà intervenne: «Ma
no! Vedrete che lo aggiusteremo!» affermò, afferrando il fantoccio e
riponendolo nel ripostiglio. «È molto meglio che se ne stia al riparo.»
Mentre fuori riprendeva a nevicare il corpo del fantoccio si sgelò e riaprì gli occhi, quindi, dal finestrone Panzerotto rivide Gelsomina e Camillo che gli sorridevano e lui pianse di gioia.
Immagini GifAnimate.com
Posso dire che è veramente commovente questa favola ed è scritta così bene e con tale trasporto che mi si sono inumiditi gli occhi.
RispondiEliminaGrazie Vivi per il tuo essere e per saper comunicare così bene i tuoi sentimenti.
Un fortissimo abbraccio
Giorgio
Grazie a te per le belle parole. Un abbraccio e un sorriso.
EliminaBuongiorno 💛 capita a volte di leggere qualcosa e nella lettura abbiamo brividi di emozione..Quando ero piccola insieme a mio nonno mettevamo lo spaventa passeri, leggendo la favola ho immaginato tutte le accortezze..gli occhi, la bocca, le orecchie.. ha sorriso il mio cuore per questi pensieri nostalgici..ha distanza di decenni in un negozio ho trovato uno "spaventa passeri" molto "elegante" coloratissimo!! L'ho preso e lo tengo nel mio rifugio in montagna solo in estate lo metto in giardino insieme a grandi farfalle di resina colorata..bello immaginare il suo riposo in inverno..penso, ti penserò ogni volta che andrò in montagna..buona giornata💛che fortuna hanno i bambini❤
RispondiEliminaGrazie cara...il tuo commento mi ha emozionato, come il tuo blog del resto, che visito sempre volentieri. Buona giornata cara.
EliminaGrazie per questa favola molto commovente che tu sai raccontare egregiamente.Buona giornata.
RispondiEliminaGrandi emozioni nel tuo bel racconto, letto con immenso piacere...
RispondiEliminaBuon mercoledì e un abbraccio, carissima,silvia
Noi abbiamo la commozione facile.
RispondiEliminaCiao Vivì.
Che storia gentile e commovente!
RispondiEliminaBellissima favola, molto toccante.
RispondiEliminaAnche se il nome del protagonista è fuorviante, visto che qui in Puglia il panzerotto è una prelibatezza da mangiare in pochi bocconi.
Lindo este cuento Vivi....parece hecho para niños, pero los que tenemos alma de niños también lo hemos disfrutado. Un abrazo.
RispondiEliminaFavola che tocca le corde dell'anima
RispondiEliminaQuattro stracci,un pò di paglia ,due bottoni e due conchiglie ed ecco che la tua magica penna crea un personaggio tenero e delizioso.Bellissima favola.Brava Vivì.Lu.
RispondiEliminaUna bella storia quella dello spaventapasseri Panzerotto !! Molto tenera ! Grazie Vivi. Saluti.
RispondiEliminaEmozionante ed intenso di avventure questo tuo racconto che ho molto apprezzato. E colmo di simpatia ed empatia che porta grandi e piccini a riflettere di dare aiuto a chi ne ha bisogno. Bravissima Vivì, con questo racconto-favola ti sei superata. Complimentissimi! un caro saluto di buona serata da Grazia!
RispondiEliminaMi ha commossa tantissimo il finale cara Vivì.
RispondiEliminaUn bellissimo racconto colmo di umanità e fantasia.
Grazie e bravissima!
Una fiaba bellissima, con una grandissima morale. Ho letto di un fiato e mi è venuto in mente un altro spaventapasseri dal cuore sensibile che ha accompagnato la mia infanzia: il compagno di Dorothy de Il Mago di Oz.
RispondiEliminaUn abbraccio.
Ciao buona sera Vivi!
RispondiEliminalo spaventapasseri funge da guardiano delle verdure di mio nonno Giovanni...
Storia tenera, calda e commovente questa. Sei propio una ragazza con un grande cuore nostalgico, davvero!
Ti diro un'altra cosa, lo spaventapasseri era innamorato di una margherita, e uno spaventapasseri molto speciale... a questo personaggio non piace spaventare gli uccelli, ma cantare e ballare con loro. E cosi amichevole, un amico del cuore ❤️❤️
*∧ ∧:・。゚*。 :*★
(*・ω・*) ゚ *。*
*〇 〇………………*❤️❤️
Abbraccio desde Buenos Aires hasta Genova ❤️❤️