Sappiamo tutti quanto marzo sia un mese dispettoso e pazzerello e quanto si diverta a prendere in giro l’umanità cambiando improvvisamente umore e illudendola, prima con un cielo turchese e abbagliante di sole e, poco dopo, soffiando nembi minacciosi e rovesciando pioggia sui passanti creduloni e privi di ombrello.
Così
nasce la leggenda di marzo e del motivo per cui ora abbia trentuno giorni
mentre all’inizio ne aveva trenta.
Una
mattina di primavera marzo si aggirava per le strade alla ricerca di qualche malcapitato
da prendere in giro e il caso volle che incontrasse un pastorello alla guida
del suo gregge di pecore.
«Buongiorno, amico
mio. Dimmi, un po’ in quale pascolo hai intenzione di portare i tuoi animali?»
Il giovane pastorello soppesò con uno sguardo critico lo sconosciuto che lo chiamava amico senza averlo mai visto, ma decise di rispondere lo stesso: «Promette di essere una bella giornata, così oggi porto le mie pecore sul monte.»
«Fai molto bene,
perché il cielo è sereno e il sole già caldo. Ti auguro una gran bella
passeggiata.» Marzo lo salutò, tentando di nascondere
il sorriso sornione salito alle sue labbra. Ma il suo tentativo non riuscì del
tutto: al pastorello non sfuggì il tono mellifluo e lo strano sorrisetto, che
lo insospettirono. Il dubbio che marzo volesse fargli uno scherzetto lo convinsero
a cambiare itinerario e, invece che verso il monte, il pastorello si diresse ai
pascoli della vallata.
Quella
sera marzo fece in modo d’incontrarlo di nuovo e volle sapere com’era andata la
sua giornata.
«Bene» rispose il giovane con un gran sorriso: «Sono stato a valle e la giornata era splendida!»
Il volto
del dispettoso si oscurò: «Ma come…mi avevi
detto che andavi sul monte!» protestò con tono
alterato.
Il
pastorello fece spallucce: «Ho solo cambiato idea.
Al monte ci andrò un’altra volta. Oggi mi sono divertito talmente, che domani
tornerò a valle» rispose, domandandosi però perché l’altro
se la prendesse tanto.
Marzo ingoiò
la rabbia e nascose il suo disappunto: «Oh, bene! Mi fa proprio piacere!» commentò
fingendo noncuranza, ma il pastorello percepì una nota stonata e ancora una
volta ne indovinò le cattive intenzioni.
L’indomani si diresse a monte, mentre marzo impazzò con furia sulla
valle con un diluvio di acqua e vento. «Così
impari a mentirmi!» pensò tra sé credendo che il
pastorello fosse presente.
Quella
sera si incontrarono di nuovo e marzo si aspettava di ritrovare il pastorello
stanco e amareggiato per la cattiva giornata, ma non gli parve particolarmente
provato e volle indagare.
«Allora, com’è andata?
Ti sei divertito oggi a valle?»
«Benissimo! Anche oggi
è stata una giornata straordinaria! Il tempo era un incanto a monte.»
«Sei stato al pascolo
montano? Ma…mi avevi detto a valle! Mi hai mentito di nuovo!» lo accusò sbraitando marzo.
Il
pastorello si tolse il cappellaccio, si grattò la testa e abbozzò un sorriso
confuso: «Ehm…sai io sono proprio volubile come
il tempo in questa stagione e, da un momento all’altro, cambio spesso idea.»
Sentendosi
deriso marzo se ne andò furioso senza nemmeno salutare e rimuginando tra sé
quanto fosse difficile fare un dispetto a quel giovane impertinente.
I giorni
passarono e si arrivò a fine mese. Ben presto marzo avrebbe dovuto lasciare il
passo al mese successivo, ma non smise mai di fantasticare sul modo migliore di
infastidire il pastorello. Ma come fare? Quel monello non era affatto stupido e
nemmeno credulone! All’improvviso, venne folgorato da un’idea: si sarebbe
recato da aprile e gli avrebbe chiesto in prestito un giorno che, per la
verità, non avrebbe mai restituito. Naturalmente aprile non doveva saperlo!
Aprile,
che era d’indole molto gentile e disponibile concesse il favore al fratellino
raccomandandogli però di non eccedere con i suoi cambi improvvisi di umore.
Determinato
a portare a termine il suo scherzetto marzo accettò le condizioni, salvo poi
fare a modo suo. Chi mai avrebbe potuto impedirglielo?
La
mattina seguente incrociò ancora la strada del pastorello che, interdetto, gli
domandò: «Sei ancora qui? Ma non avresti dovuto
terminare ieri il tuo turno?»
Marzo
fece spallucce: «Ho deciso di restare un giorno in più
ma tu, dimmi: «Dove hai intenzione di recarti oggi?»
Il
pastorello, convinto di poter ingannare ancora quel mese truffaldino rispose candidamente:
«Oggi andremo a valle!»
«Bene! Ancora una
volta ti auguro una buona giornata!»
Naturalmente,
il pastorello si diresse a monte e questa volta sopraggiunse il maltempo.
Vento, fulmini e grandine si scatenarono su lui e sul gregge e il giovane fu
costretto a cercare con urgenza un riparo, quindi, imprecò contro se stesso, la
sua dabbenaggine e l’astuzia dimostrata da marzo, che lui aveva sottovalutato.
La leggenda dei trentun
giorni di marzo termina così con un soffio impetuoso di vento accompagnato da
un lampo e da un tuono sonoro.
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