giovedì 11 dicembre 2025

Il pupazzo di neve




 Ha un naso un po’ buffo ma non è un pagliaccio;

è fatto di neve e dorme all’addiaccio;

ha un sorriso per tutti e sai perché? 

Con tutti gioca e forse anche con te! 

Non teme il ghiaccio né la tormenta, 

né il grande gelo mai lo spaventa 

e se indossa una sciarpa e pure un cappello, 

sembrerà più simpatico e anche più bello. 

Ha già naso e bocca e anche gli occhi,

ma quando inizia la danza dei fiocchi 

dai un nome al tuo amico, anche se breve 

e gioca con lui... è il tuo pupazzo di neve.





Filastrocca di Vivì pubblicata sul sito Scrivere dal 08/12/2020

domenica 7 dicembre 2025

La leggenda del vischio

 





Questa leggenda narra di un anziano mercante che a causa del suo carattere egoista e scontroso si ritrovò isolato da parenti e amici e finì a vivere come un eremita sui monti.

L'uomo, che per tutta la sua vita lavorativa aveva lucrato sulle merci vendute, si ritrovò solo e abbandonato a se stesso, considerato che non aveva nemmeno voluto sposarsi.



Accadde che una notte, in preda all'insonnia che lo assediava da tempo, decise di uscire all’aperto per una passeggiata. Nel tragitto incontrò alcuni viandanti che lo invitarono a seguirlo: «Fratello, cosa fai lì da solo? Vieni con noi!»

«Sì, vieni con noi, fratello e non te ne pentirai!» lo sollecitò gentilmente un altro.

L'anziano si meravigliò: tutti gli sconosciuti chiamavano lui “fratello”! Proprio lui che si era sempre comportato in malo modo e non aveva mai dimostrato né rispetto né altruismo nei confronti del suo prossimo!



Decise comunque di seguire il corteo di persone festanti e sorridenti che si era nel frattempo formato e solo dopo un po’ si rese conto che si stavano dirigendo a Betlemme.

Lungo il cammino la gente continuò a manifestargli simpatia e cordialità e lui, sempre più stupito, continuò a seguirli.

Quando finalmente giunsero a destinazione le persone si inginocchiarono di fronte alla grotta in cui giaceva un bambino appena nato e tutti, persino i più poveri offrirono un dono.

Quando arrivò il suo turno, rendendosi conto che proprio lui, il più ricco tra i presenti era giunto a mani vuote, il vecchio si prostrò davanti al neonato piangendo e pentendosi amaramente per il suo egoismo.                             


La sua disperazione durò tutta la notte e pianse, pianse così tanto e così di cuore, che il mattino dopo le sue lacrime erano ancora lì che brillavano come rugiada sotto i primi raggi di sole. Le stille si erano cristallizzate a causa del gelo ma, tra l'una e l'altra erano spuntate alcune verdi foglioline.Quella notte era nato il vischio. 


Leggenda dal web rielaborata da Vivì 



mercoledì 26 novembre 2025

C'era una volta ma ormai non c'è più!

 

C'era una volta ma ormai non c'è più

un allegro trenino che faceva ciuf ciuf

sferragliando sui binari con tanto rumore

in stazione si fermava con nube di vapore.

C’era una volta un piccolo carillon

che emetteva un melodioso dan din don

piroettava sulle punte un'esile ballerina

con il candido tutù, molto agile e carina.





C’era una volta un buffo aeroplano

che sapeva volare ma che si alzava piano

e se anche raggiungeva le nuvole lassù

doveva poi affrettarsi a tornare giù.

C’era una volta un maestoso veliero

che per immensi mari navigava fiero

ma solo se il vento le vele gonfiava

e se c’era bonaccia sull’onde dondolava.



C’era una volta davanti al camino

una sedia a dondolo con sopra un nonnino

con in braccio il nipotino lui si dondolava

e una filastrocca a memoria gli insegnava.



C'erano mille cose e ora non più

smarrite col tempo e nell'immenso blu,

ma scritte nei libri e nella storia

le trovi ancora lì e nella mia memoria!












Filastrocca di Vivì pubblicata sul sito Scrivere dal 18/09/2021




Il bruco e la formichina (Un po' fiaba e un po' filastrocca)

 

Una formichina a spasso tra l’erbetta

si trovò davanti a una mela rotondetta

caduta da un ramo che ancor traballava

a causa d'uno scoiattolo che vi zampettava.

La formichina scrutò la mela attenta

ed escogitato un piano sorrise assai contenta:

nel formicaio vi erano mille e più formiche,

guerriere o operaie, ma pur sempre amiche.

Certo decise che fosse più opportuno

dividere il peso enorme un po’ per uno

e sfregando le antenne lanciò il suo messaggio,

mentre si accingeva a fare un primo assaggio.

Ma al primo morso e con gran stupore,

scorse dentro al buco un altro assaggiatore.


"L’'ho vista prima io! Lasciala che è mia!"

le intimò l’'estraneo: "Devi andare via!"

La formichina rimasta assai sorpresa,

non mosse un passo per quanto era tesa.

Nota che l'intruso di lei è assai più grande

non solo ha cento zampe, ma il suo corpo espande!


Pensa e ripensa e infine con coraggio

la formichina propose un invito saggio:

"Non ti arrabbiare e non litighiamo!

La mela è enorme, dai, la dividiamo!"

Il bruco sconcertato fece uno scatto:

"Fare a metà? Ma credi che sia matto?

Certo non immagini la grande fatica,

ma ti do un consiglio come fossi un'amica.

Come puoi vedere tra noi c’è differenza

e allora vattene finché ho ancor pazienza!"



Del bullo troppo torva era la faccia,

ma altrettanto chiara la sua minaccia!

La timida formichina si spaventò

e di qualche passo sul ramo arretrò.

Ma mentre rimuginava, e all’improvviso,

un rimbombo di passi le provocò un sorriso.

"Ora tocca a me trattarti un po' d’'amico:

Fermati e dividiamo!" suggerì di nuovo al bruco. 

Il verme si volse e rimase raggelato:

un esercito di formiche lo aveva circondato!

"Oh, perbacco baccone!" esclamò tra sé 

"Ora le difficoltà sono tutte per me!"

Le formiche attesero con le antenne frementi,

e il bruco mollò la mela senza altri commenti.







Filastrocca di Vivì pubblicata sul sito Scrivere dal 14/04/2020

mercoledì 19 novembre 2025

Sogno di Natale

 






Scoppietta il fuoco lì nel camino 

sonnecchia un uomo con il nipotino; 

stanco il monello, più esausto il vecchietto, 

ma quel tesoro stringe forte al petto. 

Dondola il nonno e il bimbo sogna 

flauti,  pive eppur  'na zampogna, 

coro soave e melodia celestiale, 

in cielo la slitta di Babbo Natale. 

Luci, presepe e festose ghirlande, 

addobbi e stelle per un albero grande; 

martella forte il cuoricino nel petto, 

sorride nel sogno e pare un angioletto. 

Sogna il candore dello zucchero a velo, 

farfalle nevose in una notte di gelo, 

un bue, un asinello e un agnellino 

e nella grotta il pianto di un bel bambino.


            



Filastrocca di Vivì pubblicata sul sito Scrivere
ogni diritto è riservato


giovedì 10 luglio 2025

La scimmia e il cuneo (Leggenda indiana)


In una giungla assai lontana dall'Europa viveva un branco di scimmie molto vispe, curiose e giocherellone. Le scimmiette che vivevano esclusivamente sugli alberi passavano il loro tempo a mangiare banane o frutti esotici; saltellare da un ramo all'altro e farsi dispetti l'una con l'altra.                                                                     

Accadde che un giorno nella foresta si espansero degli strani e cupi rintocchi e le scimmiette, molto note anche per la loro eccessiva curiosità, accorsero per verificare da dove provenissero quei rumori ma, soprattutto, chi o cosa li provocasse.

In una radura scoprirono un gruppo di falegnami intenti nella costruzione di un nuovo tempio e per un po' stettero a osservare i lavori dall'alto degli alberi.

Una scimmietta, in particolare, accentrò la sua attenzione su due operai che stavano lavorando, tenendosi in equilibrio su di una trave. I due uomini cercavano di inserire un lungo pezzo di legno all'interno di uno squarcio praticato in un'altra trave, per far sì che il taglio rimanesse aperto.

La scimmietta sembrava attratta dalle manovre dei due lavoratori e approfittò di una loro momentanea assenza per avvicinarsi e ammirare il risultato di tanta fatica.

La scimmietta non resistette all'idea di un nuovo e divertente gioco o, forse, di un dispetto e si mise a tirare, a tirare e a tirare fino a estrarre il cuneo di legno. Non l'avesse mai fatto!

Ormai privo di cuneo il taglio si richiuse in modo repentino e la zampa dell'incauta scimmietta vi rimase intrappolata.

Ahi, che dolore! La poverina iniziò a piangere, urlare e strepitare, sperando nell'aiuto delle compagne. Purtroppo, più si muoveva e più avvertiva dolore e, alla fine, crollò esausta e rassegnata. “Chi me lo ha fatto fare?” si domandò, preoccupata anche dal ritorno dei due operai.

Che questo ti serva da lezione! brontolò l'uomo mentre le liberava la zampa. Non è saggio ficcare il naso negli affari che non ti riguardano e, soprattutto, rovinare ore e ore di lavoro degli altri!

La scimmia si allontanò felice per averla scampata, ma da quel giorno rimase lontana da qualunque cosa strana le capitava davanti.

Questa storia ci insegna che l'eccessiva curiosità a discapito della prudenza ci può portare ad affrontare situazioni molto spiacevoli. Allora è importante non intromettersi, se non è proprio necessario, e rispettare sempre il lavoro e gli spazi degli altri.

           

Leggenda indiana rielaborata da Vivì
Immagini gifanimate.com


sabato 28 giugno 2025

La leggenda della stella marina

 







Centinaia o forse migliaia di anni fa le stelle erano più belle e brillavano molto più intensamente rispetto ai tempi moderni. Le stelle più piccole erano anche molto vanitose e avevano la pretesa di specchiarsi nel mare per potersi ammirare in tutta la loro bellezza e nella luce che emanavano. Così ogni sera si affacciavano sulla terra protendendosi imprudentemente sulle onde e senza badare agli avvertimenti delle stelle più anziane. Il gioco delle stelline era pericoloso ed estenuante perché protratto, a volte, sino al sorgere dell'alba, ma che si rivelava molto, molto soddisfacente per la loro vanità.

                                    

Accadde che una notte il mare in burrasca gonfiò le sue onde fino a schiaffeggiare il cielo colmo di nuvoloni neri e una delle stelline più ardimentose, ormai stremata per la fatica, perse l'equilibrio e precipitò tra i giganteschi cavalloni. Le altre stelline accorsero in suo aiuto ma vennero catturate dalle creste candide dei marosi e trascinate negli abissi marini.

                                                  

           

Quanti pianti e quante urla disperate si propagarono nel silenzio del fondale! Decine di pesci, di molluschi e di crostacei accorsero alle disperate richieste di soccorso, ma nessuno di loro fu in grado di aiutare le stelline a risalire. Però, quelle urla e quelle lacrime impietosirono il sovrano del mare, che trasformò le malcapitate stelline in stelle marine. Le stesse stelle che a volte troviamo sulla battigia delle nostre spiagge, ma solo quelle che sono riuscite a sfuggire alla corrente e che non riescono a risalire per riprendere a splendere in cielo.

                                  


                                                  



Leggenda del web rielaborata da Vivì

martedì 6 febbraio 2024

La leggenda di re Carnevale

 









C’era una volta un regno governato da un sovrano chiamato Carnevale dall’indole scherzosa, altruista e molto generosa. Difatti, ogni suddito aveva libero accesso alla fornitissima dispensa e alla cucina del palazzo reale e poteva approfittare dell’abbondanza di cibo e delle tante leccornie che i cuochi preparavano per tutta la corte.



Tra le innumerevoli persone che entravano a palazzo vi erano quelli che dimostravano affetto, simpatia e riconoscenza al loro generoso sovrano ma, purtroppo, ve ne erano alcuni che approfittavano della sua bontà fino ad arrivare a rubare portando via oltre il necessario dalla dispensa reale.

Quando il re se ne accorse, deluso e amareggiato da tanta ingratitudine, si ritirò nelle sue stanze e non volle più uscire. Iniziò a cibarsi in modo insano e smisurato, tanto, che il suo girovita gonfiò come un pallone e alla fine, il re si ammalò.



Durante la sua lunga degenza si ricordò della sorella minore chiamata Quaresima e la convocò con urgenza.

Quaresima accorse al capezzale del fratello e accettò di sostituirlo alla guida del regno pretendendo in cambio la successione al trono.

Non essendo in grado di governare re Carnevale acconsentì all’assurda richiesta, ma pose lui stesso una condizione riservandosi tre giorni di governo goliardico e gioioso.



Quaresima dovette cedere e, da allora, festeggiamo gli ultimi giorni di Carnevale con abbondanza di cibi, dolciumi e tanta allegria scandita da lunghe sfilate di maschere su carri allegorici, canti, danze, coriandoli e stelle filanti.

                                             


Immagini e leggenda dal web rielaborata da Vivì

domenica 4 febbraio 2024

La leggenda di Arlecchino

 


       

Questa leggenda narra la storia di un bambino poverissimo chiamato Arlecchino. Il piccolo era molto buono e socievole e frequentava la scuola con profitto. Nonostante le privazioni dovute alla povertà della famiglia era sempre allegro e di compagnia.

Un giorno la sua maestra organizzò una festa per il Carnevale e propose agli alunni di vestirsi in maschera. I ragazzini, entusiasti dell’idea, iniziarono a fantasticare sui loro costumi e ognuno descrisse il suo sempre più bello, originale e divertente rispetto a quello dei compagni.

                    

Soltanto Arlecchino non partecipò all’allegra atmosfera venutasi a creare e se ne rimase in disparte taciturno e amareggiato. I compagni se ne resero subito conto e vollero conoscere il motivo di quell’improvvisa tristezza.

«Io non posseggo un costume e non potrò mai partecipare alla festa!» rispose con gli occhi velati di lacrime.  

       


In quella scuola tutti amavano e apprezzavano l’indole gioiosa di Arlecchino e la maestra propose ai suoi alunni di donare un pezzo di stoffa al compagno in modo, che si potesse ricavarne un costume. Ancora una volta i ragazzini si dimostrarono entusiasti e ognuno portò in dono un lembo avanzato dalla lavorazione del proprio costume.

La mamma di Arlecchino si ritrovò tra le mani una considerevole quantità di stoffa dagli svariati colori, ma non si perse di animo e lavorò tutta la notte per assemblare i pezzi.

                                                

Il giorno della festa Arlecchino si presentò con il suo costume dai tanti colori, che risultò essere il più originale, gioioso e divertente e suscitò stupore e meraviglia nei suoi compagni.

Nacque così la leggenda della maschera più colorata e allegra di tutto il Carnevale.





Leggenda e immagini dal web


Il pupazzo di neve

 Ha un naso un po’ buffo ma non è un pagliaccio; è fatto di neve e dorme all’addiaccio; ha un sorriso per tutti e sai perché?  Con tutti gio...