Fata Paciugo era una giovinetta molto timida, ed era a causa dell’estrema timidezza che
risultava impacciata nei modi e combinava così tanti pasticci, da meritarsi quel soprannome, che poi le sarebbe rimasto per sempre incollato addosso.
Che la fatina
fosse schiva, riservata e pasticciona, se ne era resa conto da tempo anche Sibilla, la presidentessa del Gran Consiglio delle Fate, e quella sera, in occasione della riunione annuale, avrebbe dovuto decidere con le altre del destino della fatina.
I pastrocchi che Paciugo aveva collezionato fino ad allora erano noti in tutto il regno fatato. La fatina ne combinava di tutti i colori con la bacchetta magica e mescolando le varie formule per gli incantesimi.
Inoltre, essendo anche un po' grassottella non si sentiva piaceva e tendeva a nascondere il suo corpo sotto tuniche molto ampie e abbondanti, che la rendevano ancor più goffa.
Fata Paciugo si era ormai convinta di essere brutta e avrebbe voluto passare inosservata, senza rendersi conto che, così facendo, appariva ancor più insignificante e sgraziata.
La fatina soffriva molto per il suo aspetto fisico e quella sua tristezza si rifletteva sul viso. Paciugo non sorrideva più da tempo e si era guadagnata la fama di essere una bisbetica, tanto da indurre tulle le altre a evitarla.
Sibilla aveva indetto l’assemblea con all’ordine del giorno una verifica. In quel momento quello che più la preoccupava era proprio lei.
Paciugo, essendo la più piccola tra tutte le presenti, le ispirava un forte sentimento materno e avrebbe desiderato seguirla di persona, se fosse stato possibile, per aiutarla a superare le sue evidenti difficoltà.
Fino ad allora,
i pochi incarichi che lei stessa aveva affidato a Paciugo, si erano rivelati un fallimento, ed era
stato solo per il provvidenziale intervento di una fata più esperta, a evitare che accadesse l’irreparabile.
La fatina non
riusciva mai a portare a compimento una magia perché si emozionava
talmente nel momento in cui doveva usare la bacchetta magica, da balbettare la
formula. Di conseguenza l’incantesimo non riusciva, o peggio ancora, il
risultato era il contrario di quello che avrebbe dovuto essere.
Mentre si
consultava con le altre del Consiglio, Sibilla maturò una decisione: era giunto il momento di
responsabilizzare la fatina, affidandole un incarico che non sarebbe stato
molto difficile, ma che sicuramente l’avrebbe aiutata ad acquisire l’esperienza
che le mancava, e che soprattutto l’avrebbe sollecitata a essere più decisa e
disinvolta.
In cuor suo, Sibilla non era affatto sicura così come invece voleva dimostrare. Il pensiero di un ennesimo fallimento di Paciugo, le incuteva timore. La Fata Maggiore era consapevole del rischio a cui stava sottoponendo la più giovane, ma l'esperienza le suggeriva di non avere scelta.
Eppure, il dubbio la dilaniava. Con l’uso maldestro della bacchetta magica e il balbettio della formula magica, nessuno era in grado di prevedere l'esito di un incantesimo effettuato da Paciugo. E se davvero fosse
accaduto un disastro la decana si sarebbe trovata costretta a prendere una drastica decisione togliendole la possibilità di ogni ulteriore magia
e stroncandole la carriera luminosa che l'attendeva.
Però Sibilla ormai aveva deciso: fata Paciugo avrebbe accompagnato i bambini al
campeggio estivo e siccome giungevano bimbi da tutte le parti del mondo,
avrebbe fatto da interprete per tutti quei bambini che volevano comunicare tra
loro, ma che non riuscivano per via della lingua diversa. In fin dei conti, non si trattava di un
compito molto difficile. Ogni fata era in grado di parlare tutte le
lingue del pianeta.
Sibilla rifletté ancora un istante, poi un sorriso dolcissimo le illuminò il bel volto e con un gesto chiamò la fatina per comunicarle la sua decisione:
«Ho pensato a un
nuovo incarico per te, fata Paciugo. Un compito di grande responsabilità, ma che
non dovrebbe essere difficile da portare a termine. »
La fatina
arrossì per l’emozione e rispose balbettando:
«Dav…ve…vero?
Un…inca…ca…rico per… me?»
Sibilla comprese
la confusione della giovane e s’intenerì:
«Sicuro! Ripongo
tanta fiducia nelle tue capacità e intendo offrirti l’occasione perché tu le
metta in mostra.»
«Gra…zie!»
riuscì a rispondere Paciugo, in preda all'emozione.
«Che ne
diresti di occuparti dei bambini del campeggio estivo? Tu dovresti fare loro da
interprete. Che ne dici, fatina, te la senti?»
«Cccerto, fata Maggiore!» fu la risposta ancora un po’ tentennante.
Paciugo era tanto emozionata da tremare visibilmente e Sibilla se ne accorse.
«Che ti prende,
Paciugo? Perché tremi così? Non stai bene, forse?»
«È sssolo
l’emozione, mia Signora.» riuscì a rispondere la giovane, con il viso in fiamme per la vergogna.
Sibilla la scrutò con apprensione e si accorse dal labbro tremante, come se la ragazza fosse sul punto di scoppiare in lacrime. Accortasi dell’esame a cui era sottoposta, gli occhi della fatina si sgranarono sulla decana colmi di aspettativa e Sibilla non ebbe il coraggio di non affidarle l’incarico appena deciso.
«Allora siamo d'accordo. L'incarico è tuo. Mi raccomando, impegnati con tutte le tue energie e non mi deludere Paciugo. Non hai altra possibilità per dimostrare di essere veramente una fata. Che la luce delle stelle ti sia propizia, mia giovane amica!» la salutò, mentre Paciugo si allontanava sprizzando felicità da tutti i pori.
Farfallina, la
dolcissima minuscola fata con ali iridescenti da farfalla, in modo discreto,
aveva assistito alla scena e, appena terminato il colloquio, si librò con estrema
grazia seguendo fata Paciugo con l’intenzione d’incoraggiarla.
Mentre ritornava nel suo alloggio, la
contentezza della giovane fata pasticciona si era già dissolta come neve al sole trasformandosi
in profonda preoccupazione.
«Che ti succede,
Paciugo? Non sei contenta dell’incarico che ti ha affidato fata Sibilla?» le
domandò Farfallina, accostandosi con dolcezza.
Paciugo scrollò le spalle, in mdo sconsolato: «Ho risposto
alla fata Maggiore che ero molto felice dell’incarico che aveva pensato per me
e che me la sentivo, ma poi, ripensandoci, non credo proprio di essere in grado
di assolverlo.»
Farfallina la toccò con la sua bacchetta magica, che emanò un pulviscolo di stelline luminose e le disse:
«Non ti preoccupare, fatina. Quando arriverà il momento saprai trovare dentro te la soluzione giusta a ogni problema che ti si presenterà. Devi solo avere più fiducia in te stessa. Se lo farai, scoprirai di avere risorse incredibili. Forza fatina, va incontro al tuo destino con determinazione e coraggio, ma soprattutto non dimenticare mai di far dono agli altri del tuo splendido sorriso. Ricorda, sarà con quello che ti si aprirà la strada della comunicazione, molto prima di quella del linguaggio.»
Paciugo spalancò i suoi occhi sorpresa per il gesto magico compiuto da Farfallina e conquistata dalla sua grazia le rispose:
«Per te che sei
così carina e dolce, è facile parlare Hai avuto un grande dono da madre natura: sei nata molto carina e naturalmente
dotata di quella grazia che gli altri non possono
fare a meno di sorridere deliziati nel vederti. Mentre io... sono così goffa e maldestra. Vedi, Farfallina, a volte
dispero proprio di diventare una vera fata.»
La frase di Paciugo finì in un fiume di lacrime e Farfallina si sentì stringere il cuore dalla tristezza, poi nella sua mente cominciò a delinearsi un'idea, e sempre ammiccando con dolcezza, costrinse delicatamente Paciugo a guardarla e:
«Ti ripeto, devi
solo acquisire esperienza, e avere più fiducia in te stessa. Sono sicura che fata Sibilla abbia indovinato destinandoti al
campeggio estivo con i bambini. In quanto alla bellezza, tu lo sei, dentro e fuori, e
lo sei talmente che si riflette tutta nel tuo viso, quando sorridi. E poi, per quanto riguarda il sovrappeso, dovresti cercare di muoverti di più,
senza fare grossi sacrifici con diete assurde. Ora che andrai al campeggio,
approfitta di ogni scusa per fare movimento. Con i bambini non ci dovrebbero essere
tanti problemi, no?»
«Cercherò di
ricordarmi ciò che mi hai detto, Farfallina! E grazie!» esclamò con sguardo
riconoscente Paciugo.
«Grazie a te per
avermi ascoltata. Ciao fatina, e buona fortuna!»
«Ciao
Farfallina!» Paciugo salutò con sguardo ammirato la sua piccola amica e, poco
dopo si avviò verso il campeggio.
I primi giorni
si posizionò all'ingresso del grande e variopinto accampamento, che in
pochissimo tempo si riempì di suoni e di voci squillanti.
Paciugo dava il
benvenuto ai bimbi che accompagnati dai genitori fino al cancello, salutavano
nella loro lingua madre.
«Ciao, Hello,
Hola, Hallo, Kalimera, Sayonara, Bonjour» e la fatina rispondeva «Benvenuti,
Welcome, Willkommen, Benvenute, Tschuss.» insomma dopo un po', con tutte quelle
lingue cominciò a fare una grande confusione, non capì più nulla e iniziarono i
guai. Si disse per farsi coraggio, che si trattava solo dei primi giorni, e che
pian piano la situazione si sarebbe normalizzata. Ma nonostante i suoi continui
sforzi e la sua buona volontà, le cose peggiorarono fino a che perse il controllo della situazione.
Paciugo faceva
del suo meglio per fare divertire i bambini; si sforzava sempre di trovare
nuovi giochi, cercando di esprimersi il meno possibile. Ormai si era accorta che
quando parlava mescolava parole di francese con l'italiano, il tedesco con
l'inglese, il giapponese con il cinese; insomma faceva un miscuglio in cui si
capiva solo lei. Quando si rivolgeva ai bambini, questi sgranavano gli occhi, senza capire alcunché.
In un momento di
sconforto la fatina ripensò ai suggerimenti di Farfallina e stava giusto pensando a un bell'incantesimo, quando le venne
in mente che, per la sua timidezza, la magia probabilmente non
sarebbe riuscita.
Ed era un problema anche coinvolgere i piccoli e far loro comprendere cosa intendesse fare.
All'improvviso Paciugo ebbe
un'idea! E se avesse sfruttato tutte le lingue parlate nel campeggio? E se
avesse inventato lì per lì, mettendo insieme varie parole di lingue diverse per
esprimere un concetto, anche solo una frase, ma che avesse un significato
uguale per tutti?
Se avesse
insegnato ai bimbi una sola lingua globale, unica, che le racchiudesse
tutte? Quel pensiero iniziò a farsi strada nella sua mente e la
fatina vi dedicò tutta la sua attenzione. Infine, prese una decisione: avrebbe
insegnato ai bimbi, anzi, avrebbe inventato per loro una nuova, semplice
lingua, ma non solo; per rendere il suo apprendimento alla portata di tutti,
anche ai più piccoli, avrebbe insegnato loro a suon di musica, di canti e di
balli. L’idea le piacque talmente tanto l'idea, che la mise in atto quel giorno
stesso.
E così, nel
campeggio, iniziarono ad alzarsi canti e balli, ma l’aspetto più entusiasmante,
furono le risate gioiose dei bimbi. Tutti si divertivano un mondo, ma
soprattutto stavano imparando una lingua universale.
Un’altra cosa
straordinaria che accadde, fu che i pasticci che fata Paciugo combinava con i
suoi incantesimi, finirono per diventare fonte di tante piccole sorprese per
tutti i bambini; così era stato per l'incantesimo del coniglietto, del gattino
e del cagnolino; invece dei pelouche evocati dalla fata, erano apparsi i
cuccioli veri. E ancora: quando Paciugo si era concentrata per far apparire una
palla, al suo posto erano apparse tante bolle di sapone iridescenti, ma i
bambini furono ancora più contenti, perché le bolle erano talmente grandi da
poterci entrare dentro, e non solo; una volta preso posto nella bolla magica,
questa si librava fluttuando nell’aria, proprio come se fosse senza peso,
trasportata dal vento gentile, un po’ di qua e un po’ di là, e i bambini
ridevano felici dall’alto delle nuvole.
Insomma, quelle
magie pasticciate finirono per diventare un nuovo, divertentissimo gioco,
perché i bambini aspettavano con gioiosa trepidazione il risultato di ogni
singolo incantesimo: con fata Paciugo non si sapeva mai come andava a finire.
La fatina
finalmente era felice; aveva trovato uno scopo nella vita, si divertiva e nello
stesso tempo si rendeva utile per qualcuno, donando un po’ di gioia. Infine,
anche lei sentì di essere diventata importante per qualcuno, perché ora i bimbi
la guardavano con stupore e ammirazione.
Ben presto si
rese anche conto che in loro compagnia, aveva iniziato a dimagrire e questo
perché durante il giorno non stava un attimo ferma. Tra le corse, il girotondo,
le passeggiate a piedi o in bicicletta, arrivava alla sera che si sentiva
sfinita, ma si addormentava sempre con il sorriso sulle labbra, e così si
risvegliava, felice di vivere una nuova giornata con i bambini di tutte le
nazionalità.
Finalmente anche
fata Paciugo aveva trovato la sua strada e le altre fate potevano stare
tranquille.
Favola già
pubblicata sul sito Scrivere
Immagini GifAnimate.com e dal web
Sempre avvincenti le fiabe intense, che proponi alle nostre letture...
RispondiEliminaUn abbraccio carissima Vivì,silvia