Ben
era nato nel grande acquario di un negozio di animali in una tiepida mattina di
primavera, insieme a tanti fratellini e sorelline.
Apparteneva
al genere dei pesci pagliaccio, e aveva un carattere scherzoso e allegro, sempre
pronto a dire una parola buona a chiunque ne avesse bisogno e disponibile con
tutti.
Era il
beniamino di tutti, per questo lo chiamavano Ben, diminutivo appunto di
Beniamino.
Il
piccolo si svegliò quel giorno felice come sempre di condividere il suo tempo con
tanti coetanei rincorrendosi o giocando a nascondino tra i sassi e tra i ciuffi
d'alga che galleggiavano nella vasca.
Ma
quel giorno, purtroppo, non fu come gli altri. I giochi e le corse sfrenate non
durarono molto. Poco dopo, Ben intravide
attraverso il vetro l’avanzare di un’ombra minacciosa e rimase interdetto, come
del resto tutti i suoi piccoli amici. Nell’acquario si propagò una sensazione
raggelante e tutti i presenti, grandi e piccini, corsero a nascondersi. Un paio
di occhi tenebrosi, dalle spesse sopracciglia cespugliose, squadravano in ogni
angolo e in ogni anfratto, all'evidente ricerca di qualche preda.
Sul
momento, Ben non realizzò bene cosa stesse accadendo, ma, prese coscienza di
essere in pericolo quando tutti scomparvero e lui si ritrovò improvvisamente
solo.
Lo
sconosciuto aveva afferrato un retino e lo aveva affondato nell’acqua e il
pesciolino si accorse di essere diventato all’improvviso una probabile preda.
Ancora
del tutto sconcertato, Ben tremava tanto da non poter reagire. Ma, per fortuna,
l’istinto lo sollecitò a muoversi. Ben sgusciò via dalla trappola appena in
tempo e il retino, che lo aveva sfiorato, rimase vuoto.
Per un
po' riuscì a evitare di essere catturato, ma sembrava proprio che quel lungo
braccio minaccioso lo avesse preso di mira e che seguisse ogni suo guizzo,
dappertutto. Ormai in preda al terrore tentò in ogni modo di evitare il
malefico retino nascondendosi dietro una roccia, poi dentro un'anfora, quindi
tra le alghe ondeggianti e infine guizzando da un angolo all'altro nel marasma
generale.
Ma la
stanchezza si fece ben presto sentire e lo costrinse a fermarsi, quindi, con il
cuoricino che batteva all'impazzata, si ritrovò sbattuto in un piccolo
sacchetto di plastica trasparente, e in un attimo fu strappato via dalla sua
casa, dalla sua famiglia e dagli amici.
Il
distacco fu brutale e da quel momento tutto diventò confuso, tanto che Ben non
si rese nemmeno conto di quanto grande fosse la tragedia accaduta.
Attraverso
la plastica trasparente intravide il suo piccolo, silenzioso e pacifico mondo
sparire e si ritrovò per strada, in un caos assordante fatto di clacson e di
mostri meccanici che si muovevano in ogni direzione.
Cosa
poteva saperne un pesciolino di automobili, autobus e camion? Quel viaggio divenne un incubo per lui, che si
fece ancora più piccolo, seppure in quel sacchetto non vi fosse spazio
sufficiente per nascondersi.
Ma,
finalmente, tutto quel caos terminò e si ritrovò nella penombra e nel silenzio
di una stanza.
Ben
non ebbe nemmeno il modo di curiosare intorno, perché venne prelevato dal
sacchetto e fatto scivolare in una vasca neanche tanto grande, forse appena un
po' di più dell'involucro trasparente nel quale era stato trasportato.
Attraverso
il vetro della nuova dimora si guardò intorno e quello che scoprì lo lasciò
sbalordito. Si trovava in una piccola
stanza con tanti oggetti sconosciuti e circondato da un assoluto silenzio e a lui,
ormai abituato ai rumori del negozio di animali in cui era nato, quell’ambiente
gli sembrò strano.
Mentre
scrutava in giro scorse all'improvviso una grande vasca, molto simile a quella
che era stato costretto a lasciare e con all'interno tanti altri pesci prigionieri
come lui.
Ben
sospirò di sollievo. Perlomeno, non era del tutto solo.
Gli
altri sembrava non si fossero nemmeno accorti del suo arrivo, allora Ben tentò
di attrarre la loro attenzione, ma si sbatté inutilmente: quell’acquario era
troppo lontano e nessuno sembrava sentirlo. Provato dalle molteplici emozioni,
ben presto esaurì le sue forze e si posò sul fondo, addormentandosi
all'istante.
Chissà
quanto tempo dormì...
Fu una strana sensazione a destarlo. Ancora
intontito, intravide due occhi grandissimi che lo stavano osservando attraverso
il vetro. Chi era il nuovo mostro che lo stava studiando? Il piccolo Ben venne
di nuovo sopraffatto dal terrore. Ora gli occhi che lo scrutavano erano
diventati quattro, ma fu con un sospiro di sollievo che si rese conto di quanto
fossero vispi e ridenti.
All’improvviso
fu del tutto sveglio e, scrutando attentamente, notò che quegli occhi
appartenevano a due cuccioli d'uomo, che, scorgendolo sveglio, iniziarono a
saltellare, felici e sorridenti. I bambini gli sembrarono creature benevole, e
lui non poté fare a meno di sorridere a sua volta.
Ben lasciò
che i ragazzini lo studiassero e riuscì persino a trovare divertenti le loro smorfie e le moine ma, poi, ricordando
i tanti amici che aveva lasciato al negozio, tornò triste e con un profondo e
tristissimo sospiro, si adagiò di nuovo sul fondo, piangendo.
I
bambini sul momento pensarono che fosse una cosa naturale, e che quando il loro
papà avesse poi trasferito il piccolo nella vasca grande, gli sarebbe di certo
passata la malinconia.
Ma non
fu esattamente così.
Appena avvenne il trasferimento dalla vaschetta al grande acquario pieno di pesci festanti e premurosi, sembrò che Ben ritrovasse il suo carattere allegro. Infatti, all'inizio sguazzò tra le grandi alghe, gli anfratti e le rocce, felicissimo di aver ritrovato gli spazi a cui era da sempre abituato, ma soprattutto i suoi simili. Tuttavia, passato l'entusiasmo iniziale, una grande malinconia s'impossessò di nuovo del piccolo, che dopo pochi giorni iniziò a deperire lentamente.
Nel grande acquario erano presenti parecchie varietà di pesci, e due grandi astici dalla corazza nera e dall'aspetto imponente, alcuni scampi e un polpo dall'aria molto saggia e tutti guardavano il nuovo arrivato con apprensione. Ben si nutriva appena e aveva già perso la naturale vitalità di ogni cucciolo. Nuotava tutto il giorno avanti e indietro, facendo sempre lo stesso tragitto e perdeva vitalità ogni giorno un po’ di più.
I
bambini s’accorsero subito che qualcosa non andava e cercarono in ogni modo di
distrarlo per strapparlo all'apatia in cui era caduto.
Ma Ben
non reagiva a nessuna sollecitazione e un malaugurato giorno lo si vide
adagiare definitivamente sul fondo dell'acquario.
I due
bambini, che lo avevano preso a cuore, percepirono il pericolo di perderlo e si
disperarono per lui. E, forse, fu per pura empatia che persero a loro volta
l’appetito e la voglia di giocare.
Quel
grande disagio e la profonda malinconia fu fonte di preoccupazione per i
genitori.
Interrogata
sui motivi di tanta tristezza, Marta raccontò loro del pesciolino malato di
malinconia.
Mamma
e papà sottovalutarono la gravità della situazione e si limitarono a redarguire
i figli, sollecitandoli e spronandoli con nuovi giochi e nuove iniziative.
Purtroppo,
la situazione andò peggiorando sia in casa che all’interno dell’acquario e i
due genitori, temendo seriamente per la salute dei loro ragazzi, iniziarono a
discutere tra loro nel tentativo di trovare una soluzione.
«Forse
sarebbe meglio liberare il pesciolino tanto caro ai bambini.» propose la mamma.
«Vuoi
dire riportarlo nel suo ambiente naturale?»
«Sì, credo
sia la soluzione migliore. I nostri figli ne sarebbero felici.»
I
ragazzini, che si trovavano nella stanza accanto, avevano ascoltato i discorsi
dei genitori e ben contenti della proposta fatta dalla madre, intervennero:
«Dici sul serio, mamma? Lo libererete?»
Mamma
e papà si consultarono con uno sguardo, poi fu il padre a rispondere: «Se
questo può servire a riportare la serenità nella nostra famiglia, ebbene…sì. Lo
riporteremo in mare. Siete contenti?»
«Sì,
papà, ma come possiamo fare? Ben è ancora
piccolo e sarebbe troppo pericoloso lasciarlo andare da solo. Dovrebbe essere
scortato.» disse Tommy con aria di chi la sa lunga.
Il
padre sgranò gli occhi: «Scortato? E da chi?»
«Nel
nostro acquario ci sono anche gli astici e un polpo. Potremmo pensare di affidare
a loro il piccolo Ben.»
Il
volto dell’uomo s’incupì: «Ma dico: siete impazziti? Dovrei svuotare il mio
acquario per offrire una scorta a un pesce?»
Prima
che la questione degenerasse la mamma pensò bene di intervenire con il solito
tono dolce e rassicurante: «In fin dei conti non si tratterebbe di un grosso
sacrificio. E tu sai che a me non è mai piaciuto vedere quelle creature marine rinchiuse
in quel poco spazio.»
I
genitori si fronteggiarono con gli occhi, infine fu il papà a capitolare: «E va
bene! Vi accontenterò, soprattutto perché mi sta a cuore la vostra salute.»
La
piccola Marta esultò ma Tommy ne smorzò l’entusiasmo ponendo una domanda
precisa:
«Papà,
come ci arriviamo al mare? Ben sta molto male e non è in grado di affrontare un
viaggio lungo e se andassimo con l’auto ci metteremmo troppo. Sono sicuro che morirebbe
prima di arrivare.» Il tono afflitto del ragazzino indusse di nuovo la mamma
a
intervenire, suggerendo un’idea talmente luminosa, che il suo sorriso fu abbagliante.
«Che
ne diresti di un viaggio per via aerea?»
Tutti
gli sguardi si puntarono su di lei, che sempre sorridendo si rivolse al marito:
«Sei iscritto al club dei piloti di mongolfiera. Potremmo caricare l'acquario
sull’aerostato e, con il vento favorevole arriveremmo in breve alla spiaggia
più vicina.»
Il
papà trovò l’idea alquanto strana: «Ma come ti viene in mente? Disturbare gli
amici piloti per una sciocchezza del genere!»
Ma
bastò uno sguardo ai due ragazzini delusi per farlo ricredere e capitolare ancora
una volta: «Va bene! Va bene! Avete
vinto voi, come al solito. Parlerò con gli altri piloti e speriamo non mi
prendano in giro per questo.»
I
bambini esultarono: «Evviva! Si va in mongolfiera!!»
Non fu
difficile convincere un collega della bontà e dell’importanza che aveva quel
viaggio per i bambini. Il collega lo aiutò a caricare l’acquario e lo
straordinario viaggio ebbe inizio.
E
così, in una tiepida alba di primavera, si vide un coloratissimo, enorme
pallone, con la sua cesta pendula, prendere il volo.
Ben,
ormai indifferente a tutto, si era addormentato appena partiti, ma si destò al
primo, forte scrollone, dato da un vento molto dispettoso. Ma lo stesso vento, resosi
conto del contenuto prezioso della cesta, si prodigò poi a sospingere
lievemente l'intero e straordinario equipaggio.
La
cesta, unica nel suo genere, era stata ideata in un blocco di robusto cristallo
trasparente, proprio per fare dono ai viaggiatori che si avventuravano in quei
voli arditi di uno spettacolo mozzafiato.
Il
terrore del vuoto e le vertigini assalirono gran parte degli abitanti
dell'acquario, che si rintanarono tremanti tra gli anfratti.
Ma per
Ben e per i suoi piccoli amici umani non fu così. Il pesciolino si riscosse
subito dall'apatia in cui era caduto, e, seppure molto debole, non poté che
rimanere strabiliato dallo spettacolo che la natura offriva a tutti quanti
loro.
Fu
un'esperienza indimenticabile per tutti e, a un certo punto, si videro persino
interi stormi di uccelli deviare per andare a curiosare quello strano fenomeno.
Al
passaggio del maestoso vascello dei cieli, ma soprattutto alla vista di ciò che
conteneva, gli abitanti del cielo rimasero tutti sbalorditi. Ben presto si
espansero alte strida di gioia che salutarono il pesciolino “volante” e lo
scortarono durante tutto il lungo tragitto fino al mare.
Era
pomeriggio inoltrato quando il pallone si posò sulla spiaggia deserta, ma la
luce era ancora tanta e illuminava uno scenario incantevole.
I
bambini furono i primi a scendere, seguiti dai due piloti, che trasportavano il
pesante acquario.
Quando
a riva venne il momento del congedo, Tommy e Marta si emozionarono.
Con le
lacrime agli occhi osservarono il loro piccolo amico, finalmente vigile e
allegro, tuffarsi nelle onde, sotto la scorta attenta degli amici astici e del
polpo.
Un deliziosissimo brano, per un momento di serenità del giorno...
RispondiEliminaUn abbraccio, cara Vivì,silvia
Wowww che bella storia! Pensa che io ho un acquario, parecchio grosso, con quattro pesci rossi, che hanno più di dieci anni e che ovviamente sono divenuti grandi, non ne aggiungiamo altri perché i nuovi arrivati potrebbero portare “malattie” ai nostri pescioloni. Così ci hanno detto al negozio di animali.
RispondiEliminaCiao ciao e complimenti per queste favole che ci offri.
sinforosa
Anche questa storiellina è fantastica!Complimenti.
RispondiEliminaMi è piaciuta molto la triste storia di un pesciolino di nome Ben. Hello, Vivi!
RispondiEliminaTudo está bem quando acaba bem.
RispondiElimina.
Cumprimentos cordiais
.
Pensamentos e Devaneios Poéticos
.
Una bella, tierna y emocionante historia.
RispondiEliminaUn abrazo Viví.
Un bel racconto che tanto ci insegna sul rispetto e sull'amore per gli animali. Brava come sempre. Un caro saluto.
RispondiEliminaE' una bella storia.
RispondiEliminaformidabile :)
RispondiEliminabuon giorno con un affettuoso abbraccio
Una historia muy bonita. Felicidades 👏🏼👏🏼
RispondiEliminaMi piace!! È un bel messaggio, poichè gli animali non sono cose e richiedono molto rispetto. ;) Bravissima!
RispondiEliminaMuy bonita. Un beso.
RispondiElimina