La storia di Packy, un cucciolo di delfino
rimasto orfano durante una battuta di pesca, iniziò in un modo molto triste
quando lui aveva appena due giorni di vita e si ritrovò con la sua
mamma intrappolato in una rete calata in fondo al mare.
Si può immaginare la disperazione di
quella povera mamma, con il piccolo appena nato, prigioniera insieme a
centinaia di pesci e cetacei grandi quasi quanto lei.
Mamma delfino iniziò a girare come
impazzita in cerca di una via di fuga per lei e il suo piccolo ma, nonostante
si affannasse e si dibattesse con tutte le sue forze contro le robuste maglie
della rete. Non ci fu nulla da fare.
Esausta per i lunghi sforzi e preoccupata
per il suo cucciolo pensò bene di lanciare dei richiami d’aiuto.
Con i caratteristici fischi modulati,
tipici della loro specie, la femmina iniziò a emanare, nelle profondità marine,
la sua disperata richiesta di soccorso.
Per sua fortuna, il padre del piccolo,
rimasto nelle vicinanze, udì i suoi richiami disperati e accorse in suo aiuto.
Il delfino si rese subito conto della
gravità della situazione in cui si trovava la sua famiglia, ma cosa
poteva fare per aiutare la sua compagna e il suo piccolo a uscire da
quella trappola?
Tentò comunque e innumerevoli volte di
aprire uno squarcio nella rete sbattendovi il muso e tirando, ma le maglie
erano troppo fitte e massicce e, sotto gli occhi atterriti della compagna, finì
per rimanere ferito.
“Oh, se fossi stato dotato di attrezzi
come il pesce martello o il pesce spada!” pensò “Allora le cose sarebbero state
più semplici!”
Quell’idea improvvisa lo fulminò:
“Il pesce spada! Ma certo!” Come aveva fatto a non pensarci prima? Aveva un amico carissimo tra i grandi pesci spada che vivevano lungo la costa, si chiamava Marlin. Lui sì che avrebbe potuto aiutarlo!
«Tornerò presto!» promise, lasciando a
malincuore la compagna e il neonato e mettendosi alla ricerca del suo grande
amico.
Anche se di genere diversi, tra il cetaceo
e il pesce era nata da tempo una grande e fraterna amicizia.
Tutto era accaduto il giorno in cui il
delfino salvò la vita al pesce spada.
Il grande pesce era andato a sbattere
contro le eliche di un motore di una barca di passaggio ferendosi gravemente.
Il delfino notò quanto l’altro fosse in gravi difficoltà e rilevò con
preoccupazione la scia di sangue emessa dalla ferita. L’odore di sangue avrebbe
certamente attirato il branco di squali famelici che si aggirava da quelle
parti. Decise allora d’intervenire, radunando il branco al quale lui
stesso apparteneva, creando una cintura di sicurezza impenetrabile intorno al
ferito e mettendo in fuga i temibili predatori.
Marlin gli dimostrò tutta la sua
gratitudine promettendo di non dimenticare quel gesto solidale e di
contraccambiare nel caso si fosse presentata l’occasione.
Nel ricordare quell’occasione papà delfino
si domandò se Marlin avrebbe mantenuto la parola data, ma il suo dubbio si
dissolse nel momento stesso in cui l’amico rispose al suo richiamo
raggiungendolo.
Con voce resa accorata dallo sconforto,
papà delfino gli raccontò del piccolo, della compagna e della rete che li
teneva prigionieri.
«Non ti abbattere, amico mio. Vedrai che
riusciremo a liberarli.» disse, cercando di risollevare il morale del delfino.
Poi Marlin chiamò a raccolta il suo
branco, compresi gli amici pesci martello e tutti insieme si diressero verso la
rete.
Il gruppo impiegò pochissimo tempo ad
arrivare alla rete e individuato il punto dove mamma e cucciolo erano
imprigionati, iniziò il lavoro. I pesci spada presero a segare le corde assai
robuste e i pesci martello a dare colpi micidiali alle nasse che tenevano
insieme le reti.
Purtroppo, la trappola sembrava essere
d’acciaio e, malgrado gli sforzi si aprì soltanto una piccola breccia nella
rete.
Da quel minimo spazio mamma delfino riuscì
a sospingere il piccolo all’esterno e a metterlo in salvo. Poi toccò a lei
cercare di farsi largo nella fessura ma finì con il restare incastrata e
purtroppo perse la vita soffocata.
Fu un momento davvero molto triste per
tutti. Soprattutto per il delfino che guardava desolato il figlioletto. Quel
papà era perfettamente consapevole che privo del latte e del calore materno, il
piccolo Packy rischiava anche lui di morire.
Persino i pesci spada e i pesci martello
intuirono la gravità della situazione e in quel momento guardavano il piccolo
con infinita malinconia.
Packy, da parte sua, osservava il corpo
della sua mamma non riuscendo a capire il perché non si muovesse più. Lanciava
richiami tanto flebili da sembrare i vagiti di un neonato.
Quel pianto accorato strinse il cuore ai
presenti, ma fu ancora una volta Marlin a non lasciarsi abbattere e a trovare
una magnifica idea.
«Non essere triste, amico mio, che forse
ho trovato una soluzione!» disse, stringendo a sé il cetaceo in un abbraccio
solidale.
Il delfino lo scrutò con aria speranzosa e
Marlin iniziò a esporre ciò che aveva pensato.
«Ho sentito parlare di una balenottera che
è sfuggita per puro miracolo alla caccia delle baleniere. Quando il fatto è
accaduto, Megan era incinta. Pare che quel giorno si ritrovò circondata dalle
barche dei pescatori e fu solo per un soffio che riuscì a sottrarsi agli arpioni
che le sparavano addosso. Megan sfuggì alla caccia, ma il terrore provato e
l’enorme fatica provocarono un parto prematuro. Tanto prematuro che il piccolo non si salvò.
Megan non si rassegnò e si trascinò il suo cucciolo dietro, nonostante fosse morto da
molte ore. Solo quando si rese conto realmente di averlo perso per sempre abbandonò
il corpo del piccolo, lasciandolo sprofondare negli abissi. Il mare riportò per
giorni e giorni l'eco del suo pianto. Tutti gli abitanti del mondo marino
piansero con lei e per alcuni giorni non si fece che parlare di questo fatto
doloroso.»
«Perché mi racconti questa triste storia?
Non è abbastanza malinconica la mia?» domandò il delfino con aria sconcertata.
«Sono venuto a sapere di quanto avvenuto a
Megan da Ottavio, un polpo, che abita in una grotta nei dintorni del luogo dove
è avvenuta la tragedia. È stato lui a raccontarmi che la balena si stava
lasciando morire di fame per il dolore. Mi ha anche detto che ormai perdeva il
latte nel mare in una
lunga scia bianca. E allora perché non provare a domandarle di fare da balia al
tuo piccolo?»
Papà delfino sgranò uno sguardo incredulo
sul pesce: «Ma sei impazzito? Affidare il mio piccolo a una balena?»
Marlin scosse il grande testone: «Guardalo.
Quanto tempo credi che possa resistere ancora senza nutrimento e senza una
mamma che lo consoli?»
Il cetaceo osservò con tristezza il suo cucciolo
ormai allo stremo e si convinse che Marlin aveva ragione.
«Tentare non costa nulla. Speriamo solo che funzioni e che la balena,
almeno per il momento, sfami il piccolo, poi si vedrà!» rispose a Marlin,
partendo con l’amico alla ricerca della balena.
La trovarono, ma Megan, ancora provata dal
dolore si muoveva nervosamente guardando con sospetto chiunque le si
avvicinasse.
Sbatteva la coda gigantesca provocando onde
colossali e un mare di schiuma ribollente. I lamenti che emetteva erano scoraggianti
e nessuno osava accostarsi più di tanto.
Eppure,
Packy, guidato dall'odore del latte, affamato e inconscio del
pericolo che stava correndo, si avvicinò alla balena che si dibatteva
nell'acqua.
Megan, da parte sua, lo guardò incuriosita
e si acquietò all'istante.
Fu una grande sorpresa per tutti. Packy trovò subito la
strada delle mammelle e d’istinto vi si attaccò avidamente.
Megan rimase stupita, e non fece nulla per
allontanarlo. Anzi! Con dei piccolissimi e teneri colpetti dati con il muso lo incoraggiò a
succhiare il latte.
Fu così che accadde il miracolo della grande balena Megan
che adottò il cucciolo di delfino chiamato Packy.
Per anni si vide nel mare un
delfino seguire e saltellare gioiosamente, come solo i delfini sanno fare,
attorno a una balena, e per anni si parlò di questa bella storia
d'amore.
Nessun commento:
Posta un commento