Tarti
nacque una bella sera di primavera, sulla bellissima spiaggia di un’isola
italiana. Per lei, tartarughina del genere Caretta caretta, la schiusa del suo
uovo fu un’esperienza sgradevole.
Si svegliò all’improvviso da un lungo sonno senza sogni o, forse, così tanto
annebbiati e confusi da non riuscire a ricordarli. I suoi occhietti erano ancora
chiusi e dovette sforzare molto per riuscire ad aprirli.
Solo
allora riuscì a rendersi conto di trovarsi in un ambiente molto stretto e di quanto
fosse soffocante il caldo, per cui, avvertì il prepotente desiderio di uscire il
più presto possibile.
Fu
l’istinto a suggerirgli di picchiare con tutte le sue forze il musetto
appuntito contro le pareti lisce e concave. Tarti ignorava di trovarsi in un
uovo prossimo alla schiusa. Era troppo piccola per saperlo e il suo mondo era
ancora tutto da scoprire.
Impiegò
molto tempo e infinite energie; quel guscio non ne voleva proprio sapere di
rompersi ma, a furia di provare, avvertì un sonoro crac, il fragile contenitore
si ruppe.
Purtroppo,
la sua battaglia per emergere alla vita era appena iniziata. L’uovo era stato posto dalla mamma in una
profonda buca scavata nella sabbia, al sicuro dai predatori e Tarti doveva
ancora scavare, combattendo per uscire e perché i granelli non la soffocassero.
Alla
fine, la gioia fu grande e il premio che l’attendeva in superficie la ripagò
per gli enormi sforzi affrontati.
Un
soffuso chiarore lunare l’accolse e la piccola tartaruga si guardò in giro con
grande meraviglia.
Intorno
a lei si trovavano centinaia di creature neonate che tanto le somigliavano. Tarti avrebbe
voluto socializzare, ma le altre sembravano essere dominate da una smania
incontrollata di correre. Lei se ne
domandò il motivo. Che fretta c’era? E per andare dove?
E,
proprio in quel momento avvertì un rumore profondo, continuo, a tratti assordante.
Tarti puntò lo sguardo oltre le centinaia di piccole tartarughe. Là, dove si vedeva luccicare, sotto i raggi
della bianca luna, un’immensa distesa d'acqua. Quella visione argentata fu
fonte di nuova meraviglia!
La
tartarughina notò come le sue sorelline avanzassero timidamente verso le acque
e come venissero prese immediatamente dalla risacca, per poi scomparire tra le
onde.
«Beh,
se ci vanno loro, ci vado anch'io!» si disse facendosi coraggio e seguendo le
altre.
Purtroppo,
nel breve tragitto, accadde una cosa orribile e che Tarti non avrebbe mai più
dimenticato: enormi creature alate calarono dal cielo in picchiata, catturando
al volo alcune tra le centinaia di tartarughine.
La
piccola fissò inorridita quella scena sanguinosa; le neonate rapite dai mostri
alati si agitavano terrorizzate e Tarti avrebbe voluto accorrere in loro aiuto,
ma per le poverine non c’era più possibilità di salvezza.
La
tartarughina ignorava che non c’era limite ai pericoli da affrontare per
iniziare la nuova vita e che, per lei e le sorelline, il peggio doveva ancora
arrivare.
Difatti,
un'altra batteria di mostri era in attesa sul bagnasciuga e il suo cuoricino
iniziò a battere all’impazzata. Si
trattava di strane creature corazzate, che agitavano nell’aria delle grandi chele
pronte a ghermire le piccole tartarughe per poi divorarle.
Uno
di quei granchi mostruosi le si parò davanti impedendole di proseguire verso la
salvezza. Tarti si sentì paralizzare dal terrore e non riuscì più a muovere un
passo. Chiuse gli occhietti per non vedere ma, all'improvviso, si sentì mancare
la sabbia da sotto le zampette. Era stata afferrata e sollevata da terra. Ecco!
Quello che aveva tanto temuto si era avverato: era stata rapita da uno di quei
mostri alati, come era accaduto a tante sorelline e la sua sorte era segnata.
Per
un po’ si lasciò trasportare senza avere il coraggio di guardare, ma quando
sentì l'aria sferzarle il musetto provò ad aprire timidamente gli occhi. Nonostante il brutto momento che stava
vivendo, non poté fare a meno di rimanere piacevolmente sorpresa; un mondo
meraviglioso, turchese e immenso, era quello che si estendeva laggiù e che
scorreva all’infinito.
Uno
spettacolo incantevole che, per qualche istante, le fece dimenticare la sua
situazione.
Quando
si riprese dallo stupore, osò rivolgere una timida occhiata all'insù.
Il
volatile che l’aveva catturata la stava guardando ma, a Tarti, non parve di
essere in pericolo.
«Ciao,
piccola! Ti piace il mondo visto dall'alto?» disse una voce un po' burbera.
«S-sì
signore! Ma chi sei e dove mi stai portando?»
«Sono
una gabbianella, piccola Tarti. Sono
stata mandata per portarti in salvo. Tu hai una grande missione da compiere.»
«Tarti?
Missione? Sai che non capisco una parola di ciò che dici?»
«Tarti
è il tuo nome» sospirò con tono paziente il volatile, «e tu sei una tartaruga
marina, del genere Caretta caretta.»
«Non
lo sapevo. È la prima volta che lo sento dire. E missione cosa vuol dire?»
«Questo
non sta a me spiegartelo, piccola! Ora ti porterò laggiù, in mezzo al mare e ti
affiderò alle ondine. Loro ti accompagneranno dalla vestale marina.»
«Che
cos'è il mare? Cosa sono le ondine? E cos'è una vestale marina?» domandò con la
curiosità tipica di tutti i cuccioli, la piccola tartaruga.
«Il
mare è quella distesa d’acqua che si estende sotto di noi, piccola, e le ondine
sono fate che nel mare hanno la loro dimora. In quanto al resto, saprai tutto a
suo tempo. Ecco, ora dobbiamo salutarci» disse la gabbianella, mentre la
depositava in cima a un’onda.
La
tartaruga ebbe appena il tempo di sollevare una piccola pinna in segno di
saluto, prima di venire sommersa dalle onde. Tarti si trovò subito a suo agio e
iniziò istintivamente a nuotare.
n
breve, si trovò sul fondo, dove l’acqua era talmente cristallina da riuscire a
distinguere tutti i particolari.
Ramificazioni
di coralli dal colore vermiglio formavano lunghe e intricate barriere, in cui creature
di ogni genere trovavano rifugio. Sciami di meduse dai corpi eterei e
trasparenti, che si muovevano nella corrente come stessero danzando e pesci,
tanti e di mille colori diversi.
Ma
ecco che al suo fianco apparve una coppia di cavallucci marini, guidati da due
bellissime Ondine. I cavallucci marini, che scoprì venivano chiamati anche
ippocampi, avevano al collo delle briglie argentate e trainavano una biga di
madreperla.
A
Tarti parve una visione.” Forse sto sognando!” pensò sgranando lo sguardo sulle
mitiche creature, sui cavallucci e le bighe. Le Ondine a loro volta, le
sorrisero affabilmente e la incoraggiarono a salire sulla biga trainata dai
simpatici animali:
«Non
temere, piccola Tarti. Ti siamo amiche e siamo qui per accompagnarti! Ti va di
fare un piccolo viaggio?»
«Per
andare dove?» domandò lei.
«C’è
qualcuno che ti sta aspettando da tanto tempo. Sali, dunque. Ti condurremo da lei.»
Tarti
esitò ancora qualche istante. L’istinto le suggeriva la prudenza, ma la
curiosità era talmente forte da spingerla a salire sulla biga per provare l’ebbrezza
di un viaggio fantastico.
Quando
si fu sistemata i cavallucci si mossero e lei si godette in pieno quel momento.
In
pochissimo tempo, uno strano corteo si formò al loro seguito. Pesci, crostacei
e molluschi e persino alcune stelle marine seguirono la biga incuriositi dalla
presenza delle fate.
Persino
due astici si posero al fianco delle ondine scortando il fantastico veicolo
come fossero sentinelle.
Tarti
si guardava intorno estasiata scoprendo un mondo rigoglioso di vita e
vegetazione.
Ciuffi
di alghe che fluttuavano armoniosamente, come tante esili ballerine che si
muovevano con grazia in sincronia, anemoni di mare con i loro ciuffi
retrattili, e polpi, cernie e tanto, tanto altro ancora.
«Hop,
hop, cavalluccio!» urlava deliziata incitando gli ippocampi e le Ondine
sorridevano intenerite per tanto entusiasmo.
Dopo
un po' arrivarono davanti a un grande portale di corallo rosa adornato da tante
conchiglie e perle.
“Dove
porterà?” si chiese la piccola mentre, senza alcun cigolio, le ante si
spalancarono davanti a lei. In quel momento le Ondine la salutarono affidandola
a una coppia di fate sirene.
Un
altro mondo fantastico apparve agli occhi della piccola: fontane con giochi
d'acqua spettacolari, piante di tutte le specie che ondeggiavano sinuosamente, e
statue, anfore e antichi forzieri stracolmi di pietre preziose.
Un
mondo fatto tutto di cristallo e di acqua si stendeva attorno a lei.
Le
colonne ad arco reggevano il soffitto tempestato di pietre preziose.
«Vieni
con noi, Tarti. Ti accompagneremo dalla vestale del mare» le disse una sirena.
«Chi
è la vestale del mare?» chiese lei attratta da quest’altra misteriosa
prospettiva.
«Lo
scoprirai presto, piccola.»
Le
due fate sirene, le si affiancarono, muovendo in modo sincrono e aggraziato le
lunghe code iridescenti e, come le Ondine, la scortarono fino a una grande
sala.
Per
la piccola fu come trovarsi in un grande acquario. Le pareti, il soffitto, e il
pavimento erano di cristallo, oltre ai quali si muoveva una miriade di creature
marine di ogni razza e dimensione.
Tarti
sarebbe rimasta a osservare il mondo marino per ore ma, il suono improvviso di
un gong annunciò l’arrivo della vestale marina.
«Benvenuta,
piccola Tarti!»
La tartarughina rimase ammaliata dalla bellezza di quella creatura:
«Chi…
Chi sei? O meglio… c-cosa sei?»
«Appartengo
alla specie dei sirenidi, come puoi ben vedere dalla mia coda. Ma sono anche
una fata e sono la vestale di questo tempio.
Il mio nome è Acquamarina» le rispose con dolcezza avvicinandosi.
«Ti
aspettavo da tempo, Tarti e finalmente sei arrivata.»
La
piccola sgranò lo sguardo, incredula: «Aspettavi me? E perché?»
La
vestale sorrise: «Perché tu sei speciale!
In
realtà tutte le creature del mondo sono esseri speciali ma tu lo sei ancora più
di tante altre. Sei stata prescelta e sarai l'ambasciatrice della pace tra tutte
le specie che vivono nel mondo sommerso. Il tuo compito sarà quello di portare
una richiesta di aiuto da parte delle specie in pericolo di estinzione. Dovrai
essere la voce di milioni di creature in pericolo.»
Fata
Acquamarina fece una pausa perché voleva essere certa che la piccola tartaruga avesse
capito l’importanza delle sue parole poi, considerato che la piccola esitava a
rispondere, le domandò a sua volta:
«Allora,
Tarti, ti pare molto difficile da capire tutto quello che ti ho detto fino ad
ora?»
«Un
pochino sì, fatina. Ma sono sicura che riuscirai a spiegarmi in modo semplice
ciò che dovrò fare.»
«Brava
piccola. Ascoltami bene! Prima che tu possa diventare ambasciatrice della pace
nel mondo marino, dovrai portare a termine una missione. La tua specie corre un
grave pericolo d’estinzione e tu dovrai cercare di salvare la tua razza.»
Questa
volta Tarti intervenne più decisa: «Per la verità, questo mi sembra molto
difficile, fata Acquamarina!»
Acquamarina
annuì: «Non sarà facile, è vero perché nulla sembra lo sia a questo mondo.
Tutte le cose buone vanno conquistate con fatica e coraggio e io credo che a te
quest’ultimo non manchi. Ora lascia che ti spieghi cosa dovrai fare. Dunque! Le tartarughe della tua specie hanno,
da quando nascono, la capacità di memorizzare le rotte marine, orientandosi con
la posizione delle stelle e la luce della luna. Questa loro caratteristica
permette a tutti gli esemplari, una volta diventati adulti, di tornare nei
luoghi dove sono nati. Per qualche
misterioso motivo, col tempo le neonate tartarughe, hanno perso questa memoria
e quindi la capacità di tornare a nidificare nei posti d'origine. Tu sei la custode
delle rotte e delle mappe stellari, e ti è stato affidato il compito di tornare
a trasmettere alle neonate le tue conoscenze.»
Tarti
a quel punto strabuzzò gli occhietti esclamando incredula:
«Custode
delle mappe stellari e delle rotte marine?»
«Certo,
piccola Tarti! Per il momento sei tu il “Navigatore Marino”»
«Navigatore
Marino. Mi piace, fatina!»
«Bene!
Ma per far questo, dovrai recarti al più presto nei luoghi dove nascono le tartarughine.
Naturalmente avrai a disposizione la scorta necessaria affinché tu possa
arrivare sana e salva. Solo dopo che avrai portato a termine questa delicata impresa,
potrai diventare, il simbolo della pace in tutto il mondo sottomarino. Te la
senti, piccola?»
«Sembra
difficile! Non so se ce la farò, fatina! Ma stai tranquilla, ci metterò tutto
il mio impegno!»
«E
questo mi basta, Tarti! Vorrei farti un dono, prima di salutarci.»
«Un
dono per me?»
«Certo!
Una stella marina. Tienila sempre attaccata sul tuo carapace. S’illuminerà e ti donerà la luce se ti dovessi
trovare in difficoltà.»
«Farò
come dici! E spero proprio di non dimenticare nulla di tutto ciò che mi hai
detto. Addio fatina e grazie!»
Tarti
si congedò dalla vestale marina e quando fu all'uscita del tempio, venne subito
affiancata da alcuni "corazzieri". Erano astici e aragoste e granchi
giganti, i corpi speciali e corazzati del mondo sottomarino. Tra di loro, c’era
anche una specie ancora del tutto sconosciuta alla piccola, dalle sembianze non
proprio gradevoli che le incutevano una soggezione infinita.
Tarti
notò che avevano otto arti lunghissimi, muniti di ventose che sembravano essere
molto appiccicose. Quelle strane creature marine roteavano i tentacoli intorno
al corpo in modo minaccioso.
La
piccola tremò al pensiero di trovarsi prigioniera in quella che avrebbe potuto
trasformarsi facilmente in una trappola mortale, ma poi, quello che sembrava il
capo, gli fece l’occhiolino e lei capì che non aveva nulla da temere.
«Ciao,
piccola. Sono il Gran Polpo. Mi chiamo Ottaviano e sono al comando di questa
compagnia. Potrai rivolgerti a me per tutto ciò di cui avrai bisogno.»
«Io
sono Tarti. E sono contenta di fare la tua conoscenza.»
«È
ora di mettersi in viaggio piccola. Abbiamo un sacco di strada da fare.»
«Possiamo
andare. Io sono pronta!» rispose Tarti mettendosi al centro della pattuglia
formatosi.
Strada
facendo Ottaviano le spiegò che si sarebbero diretti verso un’isola dove, ogni
anno in primavera, le tartarughe scavavano i loro nidi sulla spiaggia.
Purtroppo,
la notizia di quella missione si sparse per i mari e per gli oceani giungendo
alle orecchie di creature contrarie alla sopravvivenza delle tartarughe e una
grossa minaccia calò improvvisa sul piccolo drappello.
L’attacco
fu immediato e improvviso. Un agguato vero e proprio, studiato in ogni minimo
particolare condotto da un branco di scorfani, in combutta con le temibili tracine.
I primi, erano pesci dalle sembianze mostruose, che incutevano terrore, mentre i
secondi erano muniti di spine dorsali micidiali, il cui pungiglione procurava
ferite dolorosissime.
Il
manipolo di coraggiosi venne accerchiato e costretto a combattere.
Purtroppo,
la piccola tartaruga rimase isolata dal resto della compagnia e in poco tempo
si trovò circondata da musi minacciosi. Tarti venne assalita e inutilmente cercò
di fuggire.
All’improvviso
si ricordò del dono fattole dalla fata e con un colpo di codino riuscì a fare
illuminare la stella marina, che portava legata sul suo carapace.
E
fu allora che Ottaviano, guidato dalla luce, riuscì a individuarla in mezzo a
quel marasma e si affrettò in suo soccorso.
La
figura del Gran Polpo, si stagliò improvvisa, ergendosi in tutta la sua
imponenza in mezzo al nemico.
Il
polpo contrasse i suoi tentacoli, e dalla sua bocca fuoriuscì una nuvola nera.
Tarti venne avvolta dalla nube di inchiostro sparendo alla vista dei pesci aggressori.
L’intero
sciame rimase per qualche lungo istante disorientato dalla reazione del
drappello difensivo. Le chele e le corazze dei crostacei costituivano una
barriera insormontabile e i tentacoli del polpo si agitavano protendendosi minacciosi.
L’attacco
a sorpresa era fallito e forse sarebbe stato saggio optare per una ritirata
strategica.
Scorfani
e tracine si consultarono con un’occhiata, quindi con un guizzo sincrono si
dileguarono nelle oscurità degli abissi.
Tarti
era salva, grazie al pronto intervento del comandante e la manovra diversiva
dei suoi corazzieri.
Il
viaggio proseguì senza altri intoppi e, finalmente, arrivarono in vista dell’isola.
E
Tarti tirò un sospiro di sollievo, ma ora doveva cercare di portare a termine
la missione affidatale dalla vestale marina.
Quando
arrivarono alla spiaggia, individuati i nidi, vi si mise di guardia, così come
le era stato detto di fare.
Dopo
pochi giorni di attesa, le uova sepolte si schiusero e Tarti assistette allo
spettacolo di centinaia e centinaia di tartarughe neonate che emergevano dalla sabbia
cercando affannosamente la strada per il mare. Alcune vi riuscivano, mentre
tante altre si perdevano, rimanendo vittime dei predatori in attesa.
La
piccola si affannò nel cercare di radunarle e fornire loro le informazioni
necessarie perché rimanesse loro impressa nella memoria, la rotta giusta per
poter ritornare.
Tarti
diede prova di grande forza e pazienza e, anche se la fatica fu tanta, venne
ripagata dai risultati.
Grazie
alle sue indicazioni, le neonate tartarughe, si tuffavano decise tra le onde e
Tarti era certa che tutte avrebbero memorizzato la rotta e da adulte sarebbero ritornate
su quell’isola a nidificare.
Il
suo gravoso compito, durò tutta quella primavera, e infine felice per aver
portato a termine una parte della sua missione Tarti,
seguita dai suoi amici, si tuffò a capofitto nelle acque cristalline, pronta a portare per il mondo il grido di
aiuto delle specie marine in pericolo di estinzione.
Favola di Vivì pubblicata in "Una favola sotto l'ombrellone" antologia edita da Apollo edizioni
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