Tommy era un puledro dal manto nero chiazzato di bianco e con la coda che
ballonzolava dritta come una bandierina al vento sul paffuto sederino.
Il puledro era figlio di un grande campione vincitore di tanti premi
internazionali di corse negli ippodromi di tutto il mondo.
Era un cucciolo come tanti altri, spensierato e felice e correva e giocava
tutto il giorno con i suoi piccoli amici e in quelle galoppate sfrenate risultava
imbattibile.
Il papà era molto orgoglioso del suo figliolo e ne apprezzava le
promettenti qualità.
Dopo un'intera giornata trascorsa tra scherzi, corse e birichinate, il
puledrino alla sera crollava esausto.
Accadde che un giorno, uno degli addetti della scuderia ebbe l’idea, di diffondere musica nei box dove
riposavano i cavalli, per mezzo di grandi altoparlanti. L’uomo aveva
appreso che le note armoniose della musica classica avrebbero
avuto effetti benefici sull'umore e sul comportamento della maggior
parte di tanti animali.
La prima volta che Tommy udì una melodia rimase letteralmente
affascinato. Le sue orecchie puntute si raddrizzarono ancora di più e gli
occhi neri e profondi si spalancarono stupefatti.
Le snelle e
lunghe zampe iniziarono a battere sull’impiantito assecondando il ritmo e, il
rumore provocato dagli zoccoli, risuonò per tutta la scuderia.
«Che stai combinando, figliolo? Cos'è questo trambusto?» chiese il papà,
che riposava nel box accanto.
«Nulla, papà, nulla!» rispose lui vergognandosi.
Quella volta Tommy scoprì la sua passione per la musica e la danza e, da
quel momento, non fece altro che fantasticare.
Consapevole che suo padre non fosse affatto contento di questa sua passione,
per attutire il rumore degli zoccoli mise in atto un trucchetto imparato
durante il suo addestramento nel maneggio.
Nella scuderia aveva a disposizione una notevole quantità di paglia
pulita ed aveva imparato con destrezza ad ammucchiare tra le sue zampe. Così
ogni volta che batteva gli zoccoletti al ritmo della musica, il rumore risultava
attutito, tanto, che nessuno era in grado di distinguerlo.
Il tempo passò velocemente nel maneggio e arrivò il giorno in cui per la
prima volta Tommy fu accompagnato ad assistere alle corse.
Suo padre era molto nervoso perché sentiva di essere alla fine della sua
carriera e temeva di perdere quella gara.
Per questo aveva a cuore che il figliolo iniziasse la sua stessa
carriera diventando un campione come lo era ancora lui.
Ma Tommy, a cui non interessava nulla delle gare, seguiva annoiato lo svolgersi
delle varie corse. E quando gli addetti si distrassero
lasciandolo solo, si allontanò indisturbato.
Forse fu per caso o forse fu il destino a condurlo nelle vicinanze di un capannone
dalle grandi finestre, da cui proveniva il suono melodioso di un valzer.
«Perdiiindiiiriiiiiinaa!» esclamò, quando vide quel che stava
accadendo all’interno.
Un quartetto di bianchi cavalli, si stava esibendo al centro di una pista
circondata da un pubblico che ammirava lo spettacolo in silenzio estasiato. I
cavalli si muovevano a suon di musica alternando i garretti e, scandendo
il ritmo con gli zoccoli, s’incrociavano sfiorandosi appena e facevano graziose
giravolte. Uno spettacolo incantevole per il piccolo Tommy che, per qualche
istante, credette di stare sognando.
Il puledro perse la nozione del tempo e rimase per ore ad assistere alle varie evoluzioni di quella magica disciplina che scoprì essere definita “Dressage”. Mentre ammirava lo spettacolo, batteva con i suoi zoccoletti sul terreno cercando d'imitare i cavalli ballerini.
La sua fantasia non conobbe più limiti e iniziò a volare. Tommy s’immaginò al
centro della pista mentre il pubblico in piedi lo acclamava e
domandava varie volte il bis.
Perso nelle sue fantasticherie, Tommy si dimenticò di suo padre e delle
corse e si ritrovò nei guai.
Nel momento in cui gli addetti si accorsero della sua scomparsa, nell’ippodromo
scoppiò il finimondo.
Essendo figlio di un purosangue il valore del puledro era enorme e
s’incominciò a pensare a un rapimento. Ma fu con enorme sollievo che
venne ritrovato ancora affacciato al finestrone e perso nei suoi sogni ad
ammirare la danza dei cavalli ammaestrati.
Il ritorno alla realtà per il cavallino fu non solo duro ma anche molto
triste. Il padre lo accolse con tanti rimproveri e con una serie di piccoli ma efficaci
morsetti sul didietro, che il piccolo ricordò per molto tempo. «Togliti dalla
testa quello spettacolo pietoso!» gli ordinò il padre dopo che lui aveva
tentato di raccontare tutto ciò che aveva visto.
Rinchiuso nel suo box per punizione Tommy rimuginò a lungo su quello che
aveva visto. “No! Non voglio diventare un campione come mio padre. Le corse non
fanno per me. Voglio diventare un ballerino di “dressage”. Combatterò con tutte
le mie forze per realizzare il mio sogno!” concluse a denti stretti.
Nel frattempo, però, gli allenamenti sulla pista continuavano, diventando
sempre più duri e Tommy era costretto a galoppare anche se nel suo cuore
continuavano a esserci solo la danza e la musica.
E quando al crepuscolo cominciavano a diffondersi le note magiche che tanto
amava, ricominciava a sognare e il suo corpo seguiva il ritmo delle note che
gli venivano suggerite da un coinvolgente valzer o dall'appassionato
paso-doble.
Da quando aveva assistito all'esibizione dei mitici cavalli arabi e dei
loro eleganti cavalieri, il suo sogno si era ampliato e si era delineato in
modo preciso e ora viveva con un unico scopo: diventare una star internazionale
di danza e di “dressage”.
I continui rimproveri e le paternali del padre scivolavano nella sua
coscienza senza lasciare traccia e nella sua mente andò maturando l'idea di
fuggire da quel mondo che sentiva così stretto e inappropriato.
Alcuni giorni dopo la sua scappatella, gli si presentò l'occasione giusta. Tommy trovò il portone della scuderia
spalancato così come i cancelli della vasta proprietà e, non visto, si dileguò
nella leggera foschia che adombrava la campagna.
Il puledro si allontanò galoppando con il cuore in gola per il timore di
essere inseguito e ripreso, guardando davanti e senza mai voltarsi
finché ritenne di essere al sicuro.
Solo allora si fermò per riprendere fiato e quello che lo colpì fu il profondo silenzio in cui erano avvolti i dintorni. Per la prima volta nella sua vita era del tutto solo e la cosa lo spaventò.
Si guardò in giro e le ombre dei primi dubbi iniziarono ad assalirlo e ad assillarlo.
Si rese conto che il paesaggio che lo circondava gli era sconosciuto e quando
avvertì i primi morsi della fame ebbe la certezza di aver commesso una
sciocchezza.
Fino ad allora non aveva mai provato quel languorino alla bocca dello
stomaco. C'era stato sempre qualcuno, da quando era nato, che lo aveva accudito
e si era preoccupato di tutte le sue esigenze fisiche. Ora era completamente solo
e senza cibo!
Quel pensiero divenne un'ossessione, anche perché i morsi della fame, col passare delle ore, diventarono più dolorosi.
Sempre più spaventato Tommy continuò a caracollare in avanti, pieno di dubbi,
finché si ritrovò nei pressi di una fattoria solitaria, a
ridosso della quale scorreva un
piccolo torrente.
Per prima cosa si dissetò e mentre sorseggiava l’acqua fresca sentì un alto
e acuto verso propagarsi nel silenzio della campagna. I peli del suo manto chiazzato
e della criniera si raddrizzarono. Tommy strabuzzò gli occhi e le orecchie
appuntite cercarono di percepire da dove avesse origine quell’orribile verso.
Non aveva mai udito una cosa tanto penosa e pensò che si trattasse di un
animale ferito.
Il lamento proveniva da una piccola capanna e il puledro, seguendo il suo istinto,
decise di scoprire cosa stesse accadendo. Mentre si
avvicinava, nell’aria si espansero le urla rabbiose di un essere umano e altri
altisonanti e terribili versi di dolore.
Tommy si volse per fuggire ma, in quel mentre, la porta della capanna si
spalancò e solo per un soffio il puledro riuscì a nascondersi nella boscaglia.
Da quel locale era appena uscito un uomo che impugnava tra le mani un
bastone grosso e nodoso. Tommy ne spiò le mosse rabbrividendo. L’individuo non
aveva affatto un aspetto rassicurante ma, per fortuna, sembrava proprio si
stesse allontanando.
Solo quando fu certo di essere rimasto solo il cavallino ritornò alla
capanna e, con cautela, scrutò all’interno scoprendo il piccolo
quadrupede dalla figura tozza e sgraziata legato a una catena e con la groppa
carica di barilotti. Quel peso enorme gli faceva quasi piegare le zampe e il
poverino aveva il muso stravolto dalla fatica. Inoltre, il suo manto era sporco
e arruffato ed emanava un odore nauseabondo, disgustoso per uno come Tommy
abituato a una quotidiana e meticolosa pulizia sia del copro che della stalla dove
aveva sempre vissuto. Il suo bel manto era ancora lucido per le tante
strigliate e ne era la prova.
Tommy guardò con compassione ancora una volta quella strana creatura, e si
voltò per lasciare quella stamberga, quando un altro di quegli strani versi lo
costrinse a fermarsi.
L'asinello lo aveva visto e con un alto raglio di dolore, lo richiamò:
«Ohiiiiiooooooo! Aiiiiuto!»
Tommy lo scrutò e incrociò un’espressione piena di preghiera:
«Aiutami por favor!» ribadì lo sconosciuto.
«Che lingua parli?» domandò il puledro, che non aveva mai visto un asinello
in vita sua.
«Parlos spagnoles! Aiutami a liberarmi da queste corde che miiii tengono
prigioniero e che miiiii fanno tanto males!»
Il cavallino s'avvicinò all'animale e, con i denti aguzzi, riuscì a
liberarlo dal peso che gravava sul suo dorso e dalla corda che lo teneva
prigioniero.
«Come ti chiami?» domandò Tommy, mentre si allontanavano in fretta.
In verità, era assai curioso di sapere a che razza appartenesse e
soprattutto come era finito lì. Però nel timore di offenderlo si accontentò di
chiedergli il nome.
«Io non ho un nomes. Nessuno ha mai pensatos di darmene uno! E se vuoi
saperlo, appartengo anche iiiioooo alla razza equinas, propriiiioooo come te! E
non sono un marzianos, dunque, perché mi guardi con quegli occhi stralunatos?»
Tommy arrossì e l’asinello gli sorrise: «Si può anche dire che siamo
cugini!»
“Cugini?” rifletté il puledro osservando con attenzione l’aspetto
trascurato dell’asinello.
«Anche tu avresti un aspetto simile se fossi stato prigioniero di quel brutto
tipo!» lo rimproverò l’altro intercettandone lo sguardo.
“Ma sì!” si disse il cavallino. Non aveva nessuna importanza l’aspetto di
quello strano animale. Tommy, aveva assoluto bisogno di compagnia e il ciuchino
aveva un'aria così saggia, che ispirava davvero fiducia.
Ci pensò su ancora un attimo e poi disse: «Io mi chiamo Tommy! Ebbene,
dimmi! Come ti farebbe piacerebbe che ti chiamassi se diventassimo amici? O
meglio, ci sarà un nome con il quale ti farebbe piacere essere chiamato!»
Il ciuco lo squadrò attentamente, prima di rispondere: «Pablito! Chiamami
pure Pablito. Amigos? Io e te? Ma tu sei un puledros di gran razza, molto ben
educato e gentile, mentre iiiooo sono solo un povero asinello. Come possiamo
diventare amigos?»
Il puledro non era sicuro di aver
capito tutto bene. Quel ciuco parlava in modo assai strano e nel mentre
lanciava sempre quel suo verso, però gli dispiaceva farglielo notare e rispose:
«Anche io sono poverello ora, proprio come te! Anzi ti confesso una cosa.
Questa mattina sono fuggito dalla scuderia in cui vivevo e ora sto morendo di
fame!»
Pablito scrollò il testone sgraziato e infine bofonchiò con lungo raglio
finale:
«Sei fuggitos? Sacriiipante! Qualcosa mi dice che con te i guaiiiiiiii
arriveranno ben presto.»
L’espressione del cavallino divenne seria: «Adesso che ci siamo conosciuti
non mi abbandonerai, vero?» domandò con sguardo lacrimoso e l’asinello si
commosse.
«No, sta tranquillo! Ma vieni ora, andiiiamo a mangiare.»
Pablito conosceva una quantità d'erbette deliziose, così quando si
fermarono a mangiare lungo i bordi dei campi ebbe modo di far gustare quelle
prelibatezze anche al puledro. Tommy gliene fu profondamente grato.
Quando furono sazi, si fermarono all'ombra di una quercia a riposare. Il
cavallino raccontò al nuovo amico tutta la sua storia, e rivelò anche il suo
grande desiderio. Era la prima volta che si confidava con qualcuno, e alla fine
si sentì molto più sollevato.
Pablito lo studiò ben bene e poi assumendo un'aria seria cominciò un lungo
discorso: «Sei molto giovane, eppure, hai già le idee molto chiares! Ma forse,
non sai nemmeno i grandi sacrificis che ci vogliono per diventare campione di
dressage. Dovresti passare la maggior parte del tuo tempo ad allenarti
in una scuola appositas. E questo per moltiiiissiiiimo tiempo! Inooooltre… per
diventare ballerinos, dovrai applicarti in un'altra disciplinas molto
iiimpegnatiiiva, sotto tutti i punti di vista.»
Pablito tacque studiando la reazione di Tommy.
«Se si tratta di fare sacrifici, sono pronto ad affrontarli, sempre che
servino a realizzare i miei sogni! Ma tu, piuttosto, vorresti diventare il mio
scudiero?»
Pablito strabuzzò gli occhi indignato e scuotendo il testone, rispose:
«Sacriiiipante! Scudiero iiiioooooo? Ascolta e ricorda muchacho! Mi hai salvato
di certo da una vitas dura e difficile, e per dimostrarti la mia gratitudine
sarò al tuo fiancos. Sono in grado d'insegnarti molti balli. Ti farò da maestro
mostrandoti come si balla un focoso flamenco, o un coinvolgente paso-doble,
oppure un elegante Valzer oltre che la mia lingua, ma tu mai e poi maiiiii mi
dovrai considerare il tuo servitore. Hai capitiiitooo?»
Tommy si sentì mortificato e abbassò la coda e le orecchie, come fosse
stato un cagnolino.
L’asinello bofonchiando un po' sottovoce riprese: «Va bene, questa volta ti
perdono. Ma ora seguimi, che ti spiego tutto.»
Ripresero a trottare e poco più tardi giunsero a una grande fattoria
recintata, dove pascolavano tranquillamente alcuni fieri cavalli.
Pablito si fermò a osservarli poi con il puledro si avviò verso una stalla
un po' appartata.
«Vieni! È ora che tu conosca un miiioooo amigo!»
«Un amico? Ma non avevi detto che non avevi amici?»
«Ricordo bene cosa ti ho detto! Ma tu devi smettere di credere tutto ciò
che ti raccontano gli sconosciutiiio.»
Attraversarono la grande stalla fino in fondo e si trovarono su un'altra
pista recintata dove un imponente cavallo bianco stava allenando una puledrina
altrettanto candida.
Tommy rimase estasiato da quella soave visione. Lo stallone eseguiva sotto
lo sguardo attento della sua allieva dei passi fluidi ed eleganti.
«El my amigo, Cesare! Giulio Cesare! Campionissimo più volte a los
olimpiadias di dressage. E quella è Cleopatra, sua figlia! Tutti i campioni di
questa grande disciplinas portano nomi che hanno fatto la storias. Anche tu
dovresti trovarne uno che ti rappresenti. E in previsiones del fatto che
potresti esibirti in coppias con Cleopatra, potresti chiamarti...Marco
Antonio.»
«Uhm! Non mi piace quel nome e non mi piacciono le puledre! Sono smorfiose
e antipatiche. Non mi esibirò mai con lei!»
Pablito sbuffò, poi riprese: Che ne dici di Sir Lancillotto?»
«Uhm...Sir Lancillotto! Sì, mi piace! E suona anche molto bene!»
«Allora andiamo Sir Lancillotto! Ti presentos al campiiiioooone!»
Cesare salutò con rispetto simpatia l’asinello, mentre squadrava dall'alto
il cavallino e ne ascoltava la storia.
Al termine guardò intensamente negli occhi il puledro, ma Tommy non si fece
intimidire.
Soddisfatto da quello che percepì, Cesare accolse il puledro nella sua
squadra ammettendolo a far parte della sua scuola.
Iniziò un lungo periodo di addestramento, che vide il cavallino allenarsi
per ore sia con il suo maestro di dressage, che con Pablito il suo insegnante
di ballo.
In quei duri mesi di costante fatica sulla pista, Sir Lancillotto apprese innumerevoli
nozioni e imparò anche a lasciarsi cavalcare da Lucilla, una delle ragazzine
della grande fattoria. Da lei imparò soprattutto a eseguire i comandi che gli
impartiva dandogli dei leggeri colpetti di tallone sui fianchi.
Entrambi impararono a diventare una cosa unica e, con la guida della sua
biondissima amazzone, divenne talmente bravo che il maestro decise di farlo esordire in una
prima gara.
Il giorno del debutto Sir Lancillotto era tanto emozionato che gli
tremavano i garretti. Ma incitato dall'asinello, da Cesare e soprattutto da
Lucilla, riuscì a entrare nella grande arena con determinazione e appena si
alzarono le prime note di un melodioso valzer, Lancillotto si sciolse e,
dimenticando l'emozione, iniziò la sua esibizione.
Quell’esordio fu un vero tripudio!
Dopo di allora la sua carriera di ballerino s’illuminò di grandi successi. Il
più grande e clamoroso lo ottenne quando partecipò alle prime Olimpiadi
vincendo le prime medaglie d'oro nel singolo e con Cleopatra eseguendo un
Paso-Doble meraviglioso e appassionato.
Il pubblico dell’arena si alzò in piedi ad acclamarlo domandando varie
volte il bis. Tommy fu doppiamente felice quando si accorse che ad ammirarlo vi
era anche suo padre accompagnato dal padrone e da tutti i lavoranti delle
scuderie.
Ci furono momenti d'intensa commozione per il cavallino Tommy e per il suo
fido scudiero, l'asinello intelligentissimo Pablito.
E da allora iniziò la vera leggenda di Sir Lancillotto, campione di danza e
di dressage!
Sempre nuove, e avvincenti fiabe, per la gioia dell'infanzia, catturata da vivaci avventure di allegri personaggi fantasiosi.
RispondiEliminaSereno giorno e un abbraccio, poetessa,silvia
Davvero incantevole, anche, questa fiaba che parla del cavallino Tommy, che volle diventare ballerino e, che, riuscì a realizzare ilsuo grande desiderio. Ci riusci con l'aiuto di vari amici. Molto avvincenti queste avventure, faranno la gioia dei lettori: grandi e piccini. Complimentissimi Vivì per la tua fervida fantasia. Un affettuoso saluto da Grazia
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